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Il diluvio mette le ali a Nibali e ai sabotatori Wiggins cade e frena

nostro inviato a Pescara

Macelleria messicana. Nubifragi, cadute, distacchi, lividi e urla disumane. Doveroso errata corrige: il Giro non comincia oggi, come s'era fissato con la gigantesca crono disegnata sul personalino di Wiggins, ma comincia con una tappa d'anticipo. Arrivando a Pescara, il diluvio universale e il perfido serpentone collinare scatenano di fatto il grande conflitto rosa. Il merito è tutto del campione nostro, Vincenzo Nibali: chiuso dal pronostico nella crono, fiuta la debolezza congenita del Baronetto british e gli assesta una bordata tra le scapole. L'arma letale si chiama discesa: il nostro è un drago, l'inglese è un impedito. Il confronto si fa impietoso in vista del traguardo. Nibali attacca con violenza, l'altro va subito in difficoltà. Purtroppo, negli ultimi tornanti della picchiata, il nostro finisce lungo e striscia a pelle di leopardo sull'asfalto. Due volte. Per fortuna niente di pesantissimo, ma l'azione appare in qualche modo compromessa. Invece no. Non finisce così. Nella successiva discesa, l'ultima prima di Pescara, tocca a Wiggins misurare il tornante con il fondoschiena. Il conteggio cadute sembra equo, non nelle conseguenze. Dopo le sue strisciate, Nibali riprende come se niente fosse, come un forsennato. Il british invece ci resta di pietra. Lo si vede scendere gli ultimi metri a spazzaneve, tremebondo, come il Fantozzi del grande ciclismo. Davanti, ovviamente, è festa. A tutti gli avversari, che oggi nella crono sanno di doversi inchinare, non sembra vero di portarsi un po' avanti.
Il finale è un ossimoro: diluvio infuocato. I corridori arrivano a gruppi spaiati, e anche un po' spaccati. C'è chi ride e c'è chi piange. Tra i più felici indubbiamente il grande vincitore solitario di tappa, l'australiano Hansen (poveraccio: quando capita di firmare l'impresa in una tappa tanto esplosiva, si finisce celebrati in una riga). Tra gli allegroni c'è pure la nuova maglia rosa, lo spagnolo Intxausti, che strappa il primato all'attardato Paolini. Ma soprattutto, nel partito del lieto fine, dominano Nibali, Hesjedal ed Evans, capaci di portare via tempo preziosissimo al superfavorito di quest'oggi e dell'intero Giro.
«Volevo guadagnare qualcosa in vista della crono - spiega quel che resta di Nibali sul traguardo -, purtroppo le cadute hanno un po' cambiato i piani. Non è che abbia azzardato troppo: la strada era davvero scivolosa. Domani? Vediamo come reagirò alla botta. Si capisce tutto la mattina dopo…».
Quanto a Wiggins, appare sbrindellato solo negli indumenti di gioco. Lo spirito, però, resta saldo. Niente panico, siamo inglesi. «Lo sanno tutti, la pioggia mi crea problemi in discesa. L'avevo detto prima di partire, ai miei: se mi attaccano nel finale, li lascio andare. Io ho già perso un Tour rompendomi la clavicola in discesa… Quando sono caduto, ho cercato di non agitarmi e di non compromettere niente. La crono? Sto benissimo, tocca a me fare danni».
L'inventario è previsto per il tardo pomeriggio, nel borgo di Saltara, piccola capitale del ciclismo. Dopo 56 chilometri di corsa individuale sarà possibile quantificare quanto facile, o quanto difficile, sarà il Giro sulle Alpi di Wiggins. Certo partire con un gap di 1'27'' da Nibali, poco meno da Hesjedal, da Evans e da Gesink, gli imporrà il massimo sforzo. Non potrà sbagliare niente. Dovrà portarsi avantissimo. Perché poi il suo Giro su misura finirà subito qui. Da domani, comincerà quello degli aspiranti golpisti, chiamati a rimontarlo sulle montagne del Nord.
Fino a poche ore fa, si pensava che il ribaltone fosse proibitivo, ai limiti dell'immaginazione. Dopo Pescara, molto meno. Dopo Pescara si fa strada l'idea, già ipotizzata prima di partire da Napoli, che Nibali possa rimontare Wiggins, signore della cronometro, certo in montagna, ma non sul versante della salita. Sull'altro, quello delle vertiginose picchiate. Lì il Baronetto ha problemi seri. Scenderebbe in seggiovia.

Ma non è previsto: il Giro bisogna vincerlo tutto, anche dove mette paura.

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