Dybala triste e a secco. La Juve deve andare alla ricerca della «Joya»

Allegri non può fare a meno dell'argentino che confida: "I campioni sono uomini soli"

Dybala triste e a secco. La Juve deve andare alla ricerca della «Joya»

Torino - La Joya tornerà. Su questo non ci sono dubbi. E, con lui, anche la gioia che ha trasmesso tante volte toccando il pallone. Il problema è però che al momento Paulo Dybala trasmette malinconia. Giochicchia, incide di rado. E, quando sbaglia o perde un pallone, non pare avere la rabbia giusta per andarselo a riprendere: ad Atene lo si è notato una volta di più. Pur riuscendo ogni tanto a emanare bagliori del Dybala di inizio stagione - l'assist per Higuain a Napoli, o lo slalom visto nei primi minuti contro l'Olympiacos l'argentino è infatti al momento il simbolo di chi vorrebbe ma non può. Con tanto di frustrazione addosso e per certi versi trasmessa all'esterno: bene ha fatto allora Allegri a risparmiargli buona parte della ripresa di Atene.

Il tempo per recuperarlo non manca, gli ottavi di Champions sono lontani e in tre mesi le situazioni cambiano radicalmente. «Paulo è in un momento in cui le cose non gli vengono bene così lo stesso Allegri - Successe anche l'anno scorso: deve rimanere sereno, cercando di trovare una condizione migliore». Dal che si desume che il fisico non sia al top e che il morale ne risenta, non riuscendo più a sgusciare come prima né a concludere con altrettanta precisione. Poi ci sono anche i problemi personali: il tira e molla con la fidanzata storica che adesso paiono risolti, in senso positivo e i rapporti tesi con chi ne curava gli affari prima che lui decidesse di affidarsi al fratello Mariano. I soldi non gli mancheranno mai e i contratti di sponsorizzazione nemmeno, però qualche cruccio arriva anche da quel lato e si sa che, quando certi ingranaggi cominciano a incepparsi, è l'intera macchina a risentirne.

Resta a tutt'oggi il miglior realizzatore stagionale della Juventus, Dybala: 14 gol tra campionato (12) e Supercoppa sono bottino invidiabile, ma è un fatto che dieci li abbia realizzati nelle prime cinque giornate di serie A e che soprattutto in Champions non segni da oltre 800 giorni. Pesa pure quello, sicuramente. E non potrebbe essere altrimenti, visto che i paragoni con Messi si sono sprecati e che lo stesso giocatore ha detto e ribadito di sognare il Pallone d'Oro. «Quando ci riunivamo intorno al fuoco, da bambini, d'estate, espressi quel desiderio con i miei amici ha dichiarato in un'intervista prossima all'uscita su Vanity Fair Vincerlo sarebbe un messaggio importante per tanti bambini. Per tutti quelli che, nati in un piccolo posto lontano dai grandi centri, possono sperare di poter raccontare una storia simile alla mia». Parole pronunciate con sensibilità, accompagnate da altre: «Quando abbiamo un pallone tra i piedi, noi calciatori siamo felicissimi. Quello che succede dietro, nel retropalco, spesso non è proprio bellissimo. Chi diventa un calciatore quando arriva al mio livello? Il più delle volte un uomo molto solo». Non proprio il manifesto dell'allegria e della serenità.

E del resto Dybala ha già dovuto superare prove durissime: «Mio papà Adolfo è morto per un tumore, quando avevo 15 anni.

Nei mesi precedenti non riusciva più a venirmi a trovare e il club mi fece andare a casa per un po' di tempo. Mi venne la tentazione di mollare tutto (...). Forse un giorno lo ritroverò o forse no, ma a lui penso sempre e dedico tutti i miei gol». Sabato, contro l'Inter, chissà.

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