«Era una partita persa, l'abbiamo vinta con il cuore e la testa. Siamo riuscite a giocare un grande tennis nel finale del terzo set ribaltando una situazione compromessa dopo un buon inizio»: le parole di Sara Errani e Roberta Vinci fotografano il match che ha permesso alle Cichi di confermare agli Australian Open il titolo di doppio vinto lo scorso anno. Il quarto in uno slam dopo i successi di Parigi e New York. E poco conta che le sorelle Williams, fra l'altro battute alla grande nella precedente edizione, abbiano dato forfait nel primo turno. Il successo, tanto meritato quanto sofferto, proietta le due azzurre nella storia di questo sport: vincessero anche a Wimbledon, riuscirebbero a firmare un'impresa fantastica.
Ma che paura nell'ultima frazione quando Vesnina e Makarova hanno preso il largo infilando cinque game consecutivi, issandosi sul 5-2 e avendo per due volte la possibilità di chiudere l'incontro con il servizio a disposizione. Ma le nostre ragazze, che non si aggiudicavano un torneo di doppio dal 13 febbraio dell'anno passato a Doha, hanno letteralmente spianato le avversarie concedendo loro appena 5 punti in un crescendo rossiniano. Decisivo un dritto della Vinci che, alla faccia del braccino, ha portato a casa la vittoria (6-4, 3-6, 7-5) con una risposta in lungolinea sul servizio della Makarova. Se la Errani ha dato il via alla rimonta con risposte finalmente profonde e due pallonetti da favola, la brindisina ha dimostrato di essere la migliore doppista in circolazione con un "serve and volley" che non si apprezza tanto facilmente in campo femminile. Non a caso Sarita l'ha ringraziata parlandone come di «una persona straordinaria» che l'ha aiutata a superare i momenti più difficili.
Distrutte le russe. Vesnina e Makarova stavano già assaporando il terzo successo consecutivo sulle italiane dopo la finale di Parigi e la semifinale del Masters: hanno conquistato più punti (91-89) e servito meglio, ma hanno perso sul filo di lana.
«E adesso godetevi Nadal-Federer», l'invito rivolto da Sara al pubblico nel corso della premiazione. Ma non c'è stata partita. Lo spagnolo, nonostante le piaghe alla mano sinistra, ha superato per la 23ª volta in 33 incontri l'eterno rivale disputando il match più bello di tutto lo slam. Troppo forte lui al servizio in slice e con il dritto arrotato, troppo fragile l'elvetico con il rovescio e stranamente con il servizio. Il solito canovaccio: lo testimonia il risultato di 7-6, 6-3, 6-3 in 2h 24'. Niente derby svizzero con Wawrinka in finale. Al di là dell'usura e dell'anagrafe, Federer vive questa sfida in evidente soggezione psicologica a tal punto che non vince il duello in uno slam dalla finale di Wimbledon 2007.
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