Se la Champions fosse una libreria, Carletto Ancelotti potrebbe cavarsela con un giro di parole Preferisco la coppa, Antonio Conte un po' meno, visto che la sua ultima biografia si intitola Metodo Conte. Già, perché di fatto la Champions ha ancora una volta certificato le preferenze di due dei nostri tecnici più titolati, come se fossero un marchio di fabbrica. A volte si pensa che possano essere solo stereotipi, invece la loro storia dice così. E si conferma costantemente. Ancelotti ha chiuso la sua esperienza napoletana con una meritata passerella contro il Genk, portando gli azzurri dove raramente sono stati, ovvero negli ottavi della grande coppa. E la sua biografia parla chiaro, perché l'uomo che ha vinto comunque scudetti dappertutto, dall'Italia all'Inghilterra, dalla Francia alla Germania, ha sempre detto di trovarsi veramente a suo agio nella Champions che ha vinto più di ogni altro allenatore, al pari solo di Bob Paisley e del suo allievo Zizou Zidane. Con la differenza che lui l'ha saputa vincere tre volte, ma con due club diversi, Milan e Real, segno che cambiando aria non cambiava il suo feeling con l'Europa. Alla fine però ha pagato caro il campionato, perché il suo Napoli che ha saputo metter sotto anche i campioni d'Europa è stato veramente triste tra le mura di casa, in un paradossale contrappasso che è costato la panchina a Carletto. Un Ancelotti che trasmette sempre serenità, almeno quanto Antonio Conte trasmette sempre sofferenza. Che vinca o che perda il suo modo di essere è sempre quello, il suo calcio sembra sempre espiazione del peccato originale, quasi non sia capace di interpretarlo anche come divertimento, oltre che lavoro. E anche lui ha confermato ancora una volta la sua caratteristica di grande allenatore da campionato, in cui ha saputo trasformare l'Inter ondivaga dell'ultimo decennio tenendola costantemente sotto pressione e portandola in testa alla classifica, sfidando da ribelle la dittatura juventina.
Ma l'Europa no, l'Europa sembra proprio una maledizione per l'ex ct che ha proprio buttato via un girone non proibitivo, e l'ha fatto davanti alla sua gente, iniziando col pareggio contro lo Slavia e finendo con l'assurda sconfitta contro la primavera del Barcellona: sembrava l'assist per la promozione. A inizio stagione aveva definito un «luogo comune» la sua idiosincrasia alla Champions. Ma dovrà aspettare un altro anno per smentirlo.
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