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Fabio non è un prostituto intellettuale

Fabio non è un prostituto intellettuale

Prima o poi il gatto si sarebbe mangiato la coda. Fabio Capello spedisce un messaggio chiaro e netto dalla Cina: «Siamo qui, Zambrotta e io, con due scudetti vinti che poi ci hanno tolto ma sono stati vinti sul campo». Nessun giro di parole, nessuna frase ambigua. Suning è proprietario dello Jiangsu e dell'Inter, per la teoria dei vasi comunicanti la dichiarazione di Capello potrebbe essere letta come un atto di provocazione dialettica e politica nei confronti dell'Inter, del suo ex presidente, Massimo Moratti e dell'ambiente nerazzurro, non tanto quello dei tifosi, da sempre sostenitori che quei due titoli non dovevano essere attribuiti al club torinese, anzi, gli andavano tolti, come, infatti, avvenne.

Don Fabio non è un prostituto intellettuale (cfr Mourinho José), cambia squadra/e ma non cambia idee, pensieri e parole, come potrebbe fare, adattandosi ai vari siti frequentati nella sua carriera grandiosa. Dice e ribadisce, dal duemila e sei, come stiano le cose o siano andate, sul campo per l'appunto. Il resto appartiene ai pubblici ministeri e alla giustizia sportiva che, sportiva, in alcuni casi, non risulta essere. I due scudetti tolti alla Juventus restano, dunque, nell'argenteria di Capello così come nella villa di Zambrotta sul lago di Como, nelle dimore di Emerson, Cannavaro, Ibrahimovic, Vieira e Thuram, i «traditori» secondo una stupida corrente di pensiero juventina, partiti per altri lidi, dopo lo tsunami del duemila e sei.

Undici anni dopo (l'ultimo fu il Real Madrid, prima delle esperienze con le nazionali di Inghilterra e di Russia), Capello è tornato ad allenare un club, dall'altra parte del mondo, ma ha voluto ricordare, a smemorati e opportunisti, che il curriculum di un professionista e i risultati ottenuti da una squadra non possono essere cancellati da una sentenza che ha riguardato i comportamenti tenuti dai dirigenti che, per quelli, sono stati, giustamente puniti, a differenza di altri eccellenti sodali rimasti a piede libero, assumendo anche ruoli istituzionali importanti e vestendo gli abiti di moralisti del sistema.

Adesso lo sanno anche i cinesi di Nanchino e dintorni. Dal libretto di Mao, al pensiero di Fabio, una nuova rivoluzione culturale.

Si attendono, in Italia, come ai tempi delle guardie rosse, autocritica e dimissioni.

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