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La fede nerazzurra e il controfestival di S. Siro

Attesa, speranza, delusione. Ci si consola con 2 coppe. Tweet per i rivali cittadini

La fede nerazzurra e il controfestival di S. Siro

Ore 16.40 del 22 maggio, Giorno del Triplete, 12 anni dopo. Il pullman dell'Inter ci mette 10 minuti buoni a fare gli ultimi 50 metri per San Siro. La gente intorno è impazzita, «noi ci crediamo!», questione di fede. Nel marasma passa uno che sottovoce fa: «Tanto dopo 20 minuti il Milan ha già fatto quattro gol». Non proprio, ma non sa ancora di averci quasi azzeccato.

Tre quarti d'ora dopo, riscaldamento: il boato è pazzesco. Sì, ci credono ancora. I giocatori ringraziano, lo speaker annuncia Brozovic premiato ma tanto non si capisce di che. Eppure si urla come se fosse stato segnato un gol. «Tutto lo stadio!...». È il conto alla rovescia, «comunque vada ci saremo sempre», recita lo striscione.

Fischio d'inizio, la festa in pratica è già al sipario. Eppure nemmeno il gol di Giroud spegne il megafono, forse il tiraccio di Barella è un segnale di frustrazione, in fondo era tutto previsto, però...

La domenica nerazzurra insomma è un po' come quando c'è Sanremo: si organizza un controfestival, Dj compreso all'intervallo, e ti accontenti di essere felice. In fondo: lo scudetto è stata una questione di dettagli, mica bisogna vergognarsi di arrivare secondi, soprattutto se hai già vinto due coppe. E d'altronde, come diceva Peppino Prisco (quello per cui ci si alza ancora in piedi durante l'inno), «il Milan primo in classifica? Un refuso tipografico».

Lo pensano anche gli interisti, 75mila per l'ultimo miracolo impossibile, quasi un rito per esorcizzare un campionato che al 75' di Inter-Milan, 5 febbraio, era praticamente in mano: +4 con una partita da recuperare. Perfino Radu sarebbe stato considerato un incidente di percorso. E invece il secondo tempo diventa uno show che mette l'amaro in bocca a un campionato sfuggito in maniera così maldestra. E Inter-Sampdoria la celebrazione di una squadra che non faceva divertire così il suo popolo da tempo: anche dopo il periodo oscuro (quello appunto successivo alla doppietta di Giroud del derby) le occasioni da gol si sono sempre contate a manciate. E perfino il Liverpool ha tremato (a proposito: ci si consola in due?). Dunque: che volere di più? Ah, giusto...

Vabbè, finisce così, in ogni caso «chi non salta milanista è», anche se su twitter la società si congratula coi cugini: «Una bellissima sfida, ci vediamo l'anno prossimo». C'è pure Perisic in stampelle e Barella che asciuga le lacrime di Dimarco. Tutti sotto la curva, arrivano mogli e figli.

Ore 20.15, nessuno se ne vuole andare, ma a breve San Siro sarà dei milanisti. C'è chi si allontana dallo stadio stringendo la mano del figlio vestito di nerazzurro, lui che non sa di non aver visto ancora nulla.

E mentre si fanno calcoli a voce su dove è stato perso lo scudetto, il riassunto arriva da una coppia di amici che si abbraccia: «Dai, però quest'anno ci siamo proprio divertiti».

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