nostro inviato a Milanello
Chi si aspettava un Gattuso con l'elmetto, il sangue agli occhi e pronto a spazzare via a parole ogni dubbio sulla condizione del suo Milan è rimasto deluso. Niente proclami, profilo bassissimo, analisi dei difetti, un atteggiamento quasi dimesso e svuotato. Non è più lui? Si è rassegnato a perdere un posto in Champions? Non ne ha più? Nemmeno a parlarne. Quello di Gattuso è un metodo, una strategia. Assumersi tutte le colpe, scaricare di responsabilità la squadra nel tentativo di liberarla mentalmente e al tempo stesso spingerla a fare quadrato. Che sia un metodo giusto oppure no, lo diranno i risultati, a partire dalla gara di oggi, importantissima se non decisiva, contro il Torino lanciatissimo e con concreti sogni d'Europa. Fatto sta che non si può certo rimproverare al tecnico rossonero di non starle provando tutte.
Già perché l'ex numero 8 del Milan, come sempre parla chiaro, dice quel che pensa e, in un modo o nell'altro, fa capire quali siano le sue idee. «Stiamo facendo fatica, bisogna fare qualcosa meglio - attacca Gattuso - Finora anche nelle difficoltà avevamo un'anima, oggi invece manca. Ci siamo un po' impantanati e dobbiamo ritornare ad avere un'anima». Parole dure? Non sono le uniche. «Le chiacchiere stanno a zero, dobbiamo dimostrare sul campo di avere voglia. Siamo spenti in tutti i sensi, parlare non serve a nulla. Servono i fatti e i risultati». Un problema della squadra sembrerebbe.
Ma Gattuso scende in campo e si prende ogni colpa. «Io mi assumo le mie responsabilità, posso sbagliare o fare cose giuste. In questo momento la squadra sta pensando troppo ci diamo martellate da soli, dobbiamo essere bravi a mettere tutti i giocatori nelle condizioni di esprimersi al massimo. Io sono deluso da me stesso. Un allenatore deve essere bravo a trasferire quello che pensa e mi aspettavo di entrare in modo più forte nella testa dei giocatori. Non deve mancare mai voglia di saper soffrire e questo ci sta mancando». Tanto da ammettere che in questo momento «viene da dire che non siamo in grado di difendere il quarto posto». Certo le voci attorno ai giocatori e allo stesso tecnico non aiutano ma Gattuso taglia corto. «Avete cominciato da luglio a dire che non ero più l'allenatore. A livello mentale siamo in difficoltà ma non certo per questo». Ma la rassegnazione non appartiene a Gattuso che dopo la sfilza di negatività torna sé stesso. «Rassegnato io? Mi fa sorridere questa roba. Io devo stare tranquillo, lucido, le sceneggiate le facevo da giocatore ma ora il tempo è finito».
E allora sotto con il Torino e un rush finale per difendere un posto Champions «La voglia di saper soffrire farà la differenza. Tutti faticano, anche nelle gare facili, infatti sembra il ciapa no per il quarto posto. Andrà in Champions chi non molla».
E allora, guai a mollare per il Milan. Gattuso le prova tutte per non perdere il treno Champions. Ma deve necessariamente ritrovare l'anima del suo Milan. E già questa sera avrà delle risposte. Probabilmente decisive. Perché vincere stasera sarebbe un segnale che può far la differenza in questo finale di campionato. Quindi pochi ragionamenti e spazio a chi sta meglio. Se in avanti Piatek è un po' sulle gambe dopo una stagione giocata a 100 all'ora, spazio a Cutrone con il polacco arma importante a gara in corso.
A proposito di anima e cuore richiesti dal tecnico: nessuno meglio del giovane attaccante può mettere in campo queste caratteristiche. Eh già. In questo finale così importante Gattuso deve provarle davvero tutte per raggiungere l'obiettivo.
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