Matteo Basile
nostro inviato a Milanello
Alla faccia di chi lo vede solo cuore e grinta, Rino Gattuso si traveste da psicologo. Arriva in sala stampa sorridente e tranquillo, per nulla incattivito dalla due sconfitte consecutive che mettono a forte rischio il piazzamento Champions. In barba alle polemiche che riguardano il suo futuro e i rapporti interni e ai problemi della squadra. I motivi dell'ottimismo gattusiano sono molti. Il primo è tutto suo. «Vivo meglio le sconfitte che le vittorie, quando vedo che lo spogliatoio comincia a deprimersi non rompo le scatole e analizzo tutto». Gli altri motivi sono frutto di attenta analisi. «Il gruppo mi fa ben sperare. Stiamo attraversando un periodo negativo ma siamo vivi, non siamo morti», assicura il tecnico rossonero. Che poi deve vedersela con un argomento che, almeno in parte gli toglie il sorriso.
Già perché le voci e i sussurri secondo cui sarebbe ai ferri corti con Leonardo non gli vanno proprio giù. L'altro ieri c'è stato un colloquio durante l'allenamento ma nulla da chiarire. «Si rema tutti dalla stessa parte. Ne ho sentite di cotte e di crude. Il rispetto e l'unione che ci sono tra noi nessuno li può mettere in dubbio. Io so quello che ci diciamo, che rispetto c'è. Con il carattere che abbiamo entrambi, se dovevamo dirci qualcosa ce lo saremmo già detti in faccia. Dicono anche che ho litigato con Leo perché è stato fuori Paquetà, che da settimane si diceva che era stanco. A me sembra di sognare. Ma secondo voi il nostro livello è così basso?». Avanti per la stessa strada quindi, anche se su una cosa Gattuso fa retromarcia. Quella frase, «tra due mesi parlerò e saprete il mio futuro», non la ridirebbe. Troppe polemiche e il rischio di destabilizzare l'ambiente e distogliere l'attenzione dal campo. «Per quello che è uscito non la direi sicuramente. Ho i miei pregi e i miei difetti mi piace essere vero, dire quello che penso, ma se analizzo quella frase... Potevo stare zitto».
E allora testa che torna al campo e a un Milan che contro l'Udinese ha l'obbligo di trovare i tre punti. Per avvicinare quello «scudetto» che per i rossoneri è rappresentato dalla qualificazione in Champions. Gattuso non vuole sentire parlare di squadra che sta male fisicamente: «nei secondi tempi con Inter e Sampdoria abbiamo reagito molto bene», e non vuole parlare di alibi o errori arbitrali. «In questo momento non possiamo attaccarci a nulla, dobbiamo fare ancora di più per riuscire a vincere». Eccola la parola d'ordine, vincere. «È l'unica ricetta giusta per noi». Servirà, evidentemente qualcosa di diverso. Dal punto di vista mentale ma probabilmente anche tecnico e tattico. Gattuso potrebbe lanciare la difesa a tre, magari a gara in corso come già visto in alcuni spezzoni di partita, e anche spostare Paquetà dietro le punte. «È possibile, basta non improvvisare». Ma assicura di non aver ancora deciso. «L'importante sarà avere voglia e grande serenità. Dobbiamo vincerla e siamo costretti a vincerla». Di certo rientrano il brasiliano e Kessiè, fuori Conti per un problema muscolare.
Punto fermo anche Donnarumma, coccolato nonostante la papera con la Samp che ieri gli è costata un tapiro d'oro di Striscia la notizia. «Mi è piaciuto che ci abbia messo il suo bel faccione, un anno fa non avrebbe avuto la maturità per farlo. E ci sono le parole dei compagni, dimostrazione di un gruppo sano e vivo».
E se il presidente Scaroni ha detto di avere nostalgia di un Milan vincente, l'allenatore concorda. «Secondo voi mi diverto a perdere? Brucia». Sì perché Gattuso fa anche lo psicologo ma grinta e voglia di vincere nessuno gliele può togliere.
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