Non era un'utopia e nemmeno uno slogan per mascherare il regime di austerity. Il Milan giovane e italiano di Silvio Berlusconi è la novità più bella in questo primo quarto di campionato. Dirlo adesso è facile e sul carro sono già saliti tutti. Però i fatti dicono che la vittoria contro la Juventus, dopo nove sconfitte di fila contro la Signora, potrebbe cambiare la storia dei rossoneri. Sicuramente regala un futuro a una squadra che ai nastri di partenza era snobbata. Addirittura domani a Genova contro il Genoa scenderà in campo con la possibilità di regalarsi almeno una notte da prima della classe. Tutto questo non è frutto del caso. Perché a Milanello si è puntato davvero sul settore giovanile, assecondando i continui richiami di Berlusconi. E non solo, come capita altrove, per avere talenti da proporre come merce di scambio nell'acquisto di giocatori già affermati.
È stato così anche al Milan in passato, ma in questa fase storica particolare il club non ha perso l'occasione. Perché avere in squadra giocatori cresciuti nel vivaio significa poter contare su un innato senso di appartenenza che diventa un valore aggiunto. Il castiga-Signora Locatelli, 18 anni, è rossonero da dieci come il diciannovenne Calabria, il minorenne Donnarumma da quattro. De Sciglio ha legato a questi colori 14 dei suoi 24 anni, senza dimenticare che anche Abate e Antonelli sono cresciuti nel vivaio. Un valore aggiunto, ma Bonaventura parlando dei baby aveva detto: «Arrivare in prima squadra dalle giovanili può far dare tutto per scontato...».
Quindi il difficile viene adesso. Anche per Vincenzo Montella. Bravo a gestire la confusa estate societaria isolando la squadra, intelligente nel leggere le caratteristiche del gruppo e adeguare il suo stile di gioco. Adesso dovrà contenere l'entusiasmo dentro e fuori la squadra. La prima parola da allenatore del Milan era stata «rivalsa», quella che doveva animare il gruppo dopo una stagione fallimentare, e pronunciata anche dopo la vittoria contro la Juve. «Mi sento fortunato avendo giocatori con questo spirito di rivalsa». Era la risposta a una domanda sulla fortuna che lo avrebbe accompagnato in questa prima parte di stagione. Gli episodi non sono mancati: il rigore parato da Donnarumma all'ultimo secondo contro il Torino oppure la rocambolesca vittoria contro il Sassuolo, fino al gol regolare di Pjanic annullato alla Signora. Episodi, ma con una chiave di lettura: «Non vedo fortuna, vedo un'anima e quest'anima non ci deve più abbandonare», ha detto sabato notte. Consapevole probabilmente lui stesso che la squadra sia andata oltre i propri limiti attuali issandosi al secondo posto. Resta il fatto che c'è una compattezza nel gruppo e un'unità d'intenti che possono portare all'impresa. Se per provocare questa metamorfosi abbia fatto un discorso nei primi giorni di ritiro tipo Conte alla Juve che arrivava da due settimi posti, lo scopriremo magari a fine stagione, sicuramente ha riportato quella «gioia di giocare», come rivelato da Bonaventura. Non solo il divertimento, ma al gruppo continua a mandare messaggi: «Ognuno deve essere leader di se stesso».
Non può essere altrimenti nella squadra più giovane del torneo. Ma che ha nell'ossatura il futuro del Milan e non solo. A San Siro c'era anche il ct Ventura e la spina dorsale era così composta: Donnarumma, 17 anni; Romagnoli, 21; Locatelli, 18.
Il regista un «nuovo Albertini» per Montella più che un Pirlo, potrebbe rifiatare domani contro il Genoa, in un turnover allargato. Oggi anche Adriano Galliani sarà a Milanello. Montella ha già avvisato: «Il difficile per tutti viene adesso». Ma il baby Milan voluto da Berlusconi non è un'utopia.
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