Il primo che fa gol ha vinto. Non era bello così, quando giocavamo a pallone, da bambini e, pure, da adolescenti, nei tornei oratoriali? Poi sono venuti sti benedetti calci di rigore, tutta colpa di quell'arbitro tedesco, Wald o forse dell'israeliano Dagan. Il primo aveva proposto alla federcalcio la riforma per non ripetere le partite in eterno, il secondo non aveva digerito il fatto che la sua nazionale fosse stata eliminata nei quarti di finale dei Giochi del '68, a Leon, dalla Bulgaria: 90 minuti 1 a 1, supplementari senza gol e lancio della monetina a favorire i bulgari. Sta di fatto che l'International Board le ha provate tutte e la soluzione facile dei calci di rigore accontenta lo spettacolo, le televisioni che approfittano delle pause per caricare la pubblicità e il pubblico che pensa di essere al circo.
L'epilogo ai rigori, dopo 90 o 120 minuti, non ha nulla a che fare con il gioco, con la contesa, con lo spirito di questo sport. Sono due individui che si affrontano in quella che è puntualmente chiamata la lotteria, un calcia e vinci di grande effetto e lacrime amare (Baggio, Baresi?). Dunque ritornerei alla soluzione che sembra più acida ma è anche la più coerente: il golden gol, all'origine detto sudden death, morte improvvisa. D'accordo, abbiamo lasciato le penne all'europeo per colpa di Trezeguet ma almeno rientrava nello sviluppo dell'azione e non è affidato al caso, come i rigori di Pasadena, quelli di Parigi, quelli anche di Berlino che una volta ci uccisero, l'altra ci baciarono.
Due tempi regolamentari, stop, poi si ricomincia, il primo che segna vince, come a scuola, come all'oratorio, come nel football, prima che il tedesco e l'israeliano si inventassero la regola rivoluzionaria. E se nessuno segna? Si continua, prima o poi ci scappa il gol. Magari su rigore. Quello vero.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.