Partiamo dai numeri che nel calcio non dicono tutto ma raccontano molto. Calabria (88), Rodriguez e Musacchio sono stati i rossoneri che hanno toccato il maggior numero di palloni, segno che con ossessione il Milan di Gattuso ha provato, rammentando la trama, a far decollare il gioco che è rimasto invece imbottigliato nella propria metà-campo. Higuain è quello che ne ha toccati meno (31), segno anche questo della solitudine patita da Gonzalo. A un certo punto dava l'idea di essere come la mosca in un bicchiere capovolto: sbatteva da una parete all'altra, tra Albiol e Koulibaly, senza mai essere innescato. Se i numeri possono segnalare la prima anomalia, qualche confessione spontanea può contribuire a ricostruire l'incredibile vertigine che ha colpito il Milan passato davanti al Napoli due volte e poi precipitato a terra. «Ci siamo fatti prendere dal panico» ha dettato Calabria. E Gattuso, dalla panchina, ha confermato: «Sul 2 a 1 siamo usciti dalla partita incredibilmente».
Tutto giusto. Ma perché è accaduto quel che l'anno scorso (alla prima difficoltà la squadra affondava miseramente) fu un limite, figlio della gioventù del gruppo, dell'assenza di leader e dei ranghi rinnovati? La spiegazione didascalica è la seguente: la formazione schierata, al netto di Higuain, era, in partenza, quella del torneo precedente. Non solo ma i cambi in corsa hanno dimostrato che Gattuso ha avuto vista lunga nel tenere Caldara in panchina (Musacchio fino all'erroraccio che ha dato origine al 2 a 1 napoletano era stato tra i più reattivi) al pari di Bakayoko che è tutto tranne che un centrale di centrocampo mentre Laxalt in effetti, come ha raccontato Rino venerdì, «ha la gamba nervosa» al contrario di Rodriguez mai arrivato sul fondo.
Esonerato Higuain da ogni responsabilità, semmai elogiato per lo spirito da combattente nella giungla, e sorvolato su Biglia classificato come il peggiore di Napoli, si può arrivare al secondo imputato eccellente della sconfitta (partendo dalla 0 a 2, solo due volte il Milan ha perso 3 a 2 negli ultimi 25 anni!): Gigio Donnarumma. Ha detto Mario Ielpo, che fu portiere ai tempi di Capello con Sebastiano Rossi: «Ha parato da portiere normale e non da fuoriclasse». Il non detto è forse più importante. In estate - provvedimento della gestione Mirabelli - è stato cambiato il preparatore dei portieri, Alfredo Magni, considerato il nume tutelare di Gigio. Al suo posto Valerio Fiori, un tempo collaboratore stretto di Seedorf. La scelta, in un primo tempo, è stata spiegata come un intervento per tagliare il cordone ombelicale tra i due ma adesso ha una motivazione tecnica.
Donnarumma ha cambiato metodo di lavoro e ha in Reina un prezioso suggeritore. Magni aveva come modello Neuer, il portierone tedesco, lo staff di Gattuso è tornato al modello tradizionale. Dicono: per coglierne i risultati bisognerà attendere qualche settimana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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