Quest'anno Parigi val bene uno Zlatana

Ibrahimovic decisivo contro il Chelsea: il Psg si candida alla coppa. Per lo svedese sarebbe la prima. Poi altra fuga: verso la Premier?

Quest'anno Parigi val bene uno Zlatana

Prima o poi doveva accadere. E' accaduto a Londra, nella casa che fu di Mourinho, nella proprietà di un russo che di cognome fa Abramovich. Quasi uno scherzo, una sfida, Ibrahimovic ha lasciato il segno, finalmente, dedicato a quelli che non lo ritenevano e non lo ritengono l'uomo dei grandi momenti. Cinquanta gol nelle coppe europee, quarantotto in Champions, sessantadue su centoundici partite con la nazionale svedese, eppure le smorfie e i dubbi continuano, il segno di Zorro Zlatan dura una notte e poi viene il giorno che propone altre domande, nuove perplessità. Ma che altro deve fare questo svedese che da solo ha fatto cronaca e storia della sua nazionale e poi della Juventus e poi dell'Inter e io dico anche del Barcellona (21 gol più 10 assist), se non ci fosse stato di mezzo Guardiola, e ancora del Milan e infine del Paris Saint Germain. Ha avuto la sorte di andare a lavorare con Agnelli e Moratti, Laporta e Berlusconi e poi i signori del Qatar, il sette e quaranta non è mai stato in bilico, il contratto mai precario, ha portato a casa l'abbondante necessario, ha restituito, con gli interessi, il dovuto, vincendo dodici titoli in quattro leghe differenti, Olanda, Italia, Spagna, Francia, diventando una sorta di amuleto con gli effetti garantiti, almeno a livelli interni, nazionali. Al passaporto diplomatico manca ancora qualcosa di solido e sostanzioso di livello internazionale, con il club sarebbe la Champions league, con la nazionale, il titolo europeo. Viste certe premesse si potrebbe anche ipotizzare che questo sia l'anno buono. Occhio al Paris Saint Germain, hanno titolato i giornali spagnoli che fino a ieri pensavano di dover temere soltanto i tedeschi del Bayern. La partita dello Stamford Bridge mette sul piatto il Paris e piazza al centro Ibrahimovic che è l'uomo che può cambiare il risultato con una giocata improvvisa e imprevista. Ne sappiamo noi qualcosa, quel colpo da gambero velenoso ci mandò fuori dall'Europeo quando già pensavamo di avercela fatta. Ibrahimovic è questo, sempre e da sempre, un tipo da tenere a bada, da conservarselo amico perché, in caso contrario, sono dolori acuti, dotato, come è, di un carattere selvaggio, screanzato ma immediato, senza giri di parole e frasi ambigue. Quando lo vedi giocare, dribblare e calciare, sembra quasi che abbia i pattini da hockeysta per quanto e come sa tenere il pallone attaccato al piede e lo manovri come il disco sul ghiaccio per poi scagliarlo verso la rete. Maestoso nel fisico, pauroso nel viso, ora che si è fatto crescere i baffetti e tiene la chioma stretta in un fermaglio ha assunto i lineamenti di un guerriero circasso. Di lui tutti, o quasi, hanno detto bene e benissimo. Il quasi è relativo al periodo catalano, un anno soltanto al Barcellona, regno della pulce, Messi, dunque per lui, dinosauro, non c'era spazio, così ritenne il Pep. Ibrahimovic non si è perso d'animo, per questo o per altro. Ha gonfiato il conto in banca, come sa e deve un professionista, ha reso ancora più ricco il suo agente di servizio, l'italo itinerante Raiola, ha portato all'aumento delle entrate anche i vari club che l'hanno assoldato. Addirittura gli emiri del Qatar sono diventati più ricchi del possibile umano e Parigi val bene uno Zlatan. Ma non è finita. Il futuro di Ibrahimovic è un nuovo punto interrogativo.

Resta? Trasloca? Forse la Premier, non certo il Manchester City dove alloggerà il Guardiola di cui sopra, potrebbe essere lo United, nuova sede di Mourinho con il quale furono baci e fiori all'Inter o ancora, per qualcuno, lo stesso Chelsea giustiziato ieri ma riportato a vita da Conte che lasciò la Juventus e il calcio proprio facendo staffetta con l'arrivo di Ibrahimovic. Tutto è possibile con Zlatan. Qualcuno ha ancora dei dubbi?

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