Nonostante i giudizi incoraggianti se non proprio lusinghieri seguiti alla sconfitta con l'Italia, il ritiro inglese torna avvolto in una densa coltre di pessimismo. Il timore è che il mondiale sia destinato - ancora una volta a tradursi in una gigantesca delusione. Come se la buona prestazione contro gli Azzurri fosse solo un'aggravante, la costruzione di un'illusione collettiva. Perché quella decollata da Londra due settimane fa era nell'unanimità dei giudizi un'Inghilterra insipida, incolore, ordinaria. Condannata dalla sua mediocrità ad una capitolazione anticipata.
A Manaus però l'approccio tattico offensivo, la prestazione di alcuni giovani (Sterling su tutti) e la scoperte di alternative dalla panchina hanno sorpreso non pochi. E all'improvviso l'Inghilterra ha scoperto di avere una nazionale da tifare, su cui sperare. Una folata di entusiasmo che presto però si è scontrata con la cronica ansia da prestazione che accompagna le esibizioni dei Tre Leoni sul palcoscenico più prestigioso.
Quella paura di fallire che è stato il marchio di fabbrica anche nelle gestioni di Eriksson e Capello. E che adesso Hodgson teme più che lo stesso Uruguay. Un blocco psicologico che frena le stelle della Premier League quando indossano la casacca bianca. Anche per questo il ct ha chiesto, e ottenuto, uno psicologo sempre presente in ritiro. Si chiama Steve Peters e da un mese vive in simbiosi con il gruppo. Accolto con qualche diffidenza, è diventato presto il punto di riferimento dello spogliatoio, raccogliendo confidenze e dubbi.
Negli ultimi giorni è stato costretto agli straordinari. Hodgson gli ha chiesto di trasmettere ottimismo al gruppo e rinforzarne l'autostima. Un'impresa titanica, ancor più difficile che risolvere l'enigma Rooney. Dopo la gara con l'Italia Wazza è stato subissato di critiche, bocciato come il peggiore in campo. Neppure il cross per il gol di Sturridge ha frenato le penne avvelenate che già prima dell'esordio ne chiedevano il declassamento in panchina. Hodgson ha puntato su di lui, e lo farà nuovamente questa sera contro la squadra di Tabarez. Ha deciso di intrecciare il suo destino, e quello della nazionale, con l'atteso risveglio del suo centravanti, sottoposto ad allenamenti extra per ritrovare la forma. Anche se pure nel suo caso le difficoltà appaiono di natura più mentale che fisico-atletica.
I test medici indicano che Rooney ha ritrovato forza e resistenza dopo l'infortunio, eppure in campo è l'ombra di se stesso. Per avvicinarlo alla porta, in un ruolo più congeniale, all'Arena Corinthians giocherà in posizione centrale, subito dietro a Sturridge, con Welbeck dirottato a destra e Sterling a sinistra. E per non lasciare nulla d'intentato la Fa ha invitato d'urgenza in Brasile la moglie Coleen, e i figli Kay e Klay. Nella speranza che la presenza della famiglia lo rassereni dopo i bisticci (eufemismo) con la stampa. Pur giurando di non considerare garantita la maglia da titolare, Rooney è sorpreso, amareggiato e deluso dalle critiche che gli piovono addosso da ogni dove. Ma il suo digiuno di gol ai mondiali, salito a nove partite, è ormai troppo ingombrante per essere ignorato.
Sullo sfondo la solita maledetta paura. Il fallimento. L'ignominia del 1958, l'ultima volta che l'Inghilterra è uscita già alla fase a gironi.
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