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Inter, un Barça di paura. Inzaghi è un uomo solo che ha spento l'attacco

Sfida di Champions col Barcellona già decisiva. Scaricate sul tecnico le colpe del mancato arrivo di Dybala, ma lui non ci sta: "Scelta condivisa"

Inter, un Barça di paura. Inzaghi è un uomo solo che ha spento l'attacco

Simone Inzaghi è un uomo solo che vorrebbe restare al comando dell'Inter. Serve però fare in fretta, perché il tempo sta per scadere e la partita col Barcellona potrebbe rendere drammatica la trasferta di sabato pomeriggio in casa del Sassuolo. È arrivato l'ultimatum, anche se direttamente nessuno gliel'ha detto. «Gli allenatori dipendono dai risultati, non stanno arrivando e perciò sono in discussione. Ma ci sono abituato», spiega alla vigilia, provando a dissimulare il fastidio già evidente prima della Roma. Troppi gli spifferi usciti dalla società, non così coesa intorno al proprio allenatore, come si vorrebbe far credere.

Inzaghi legge i giornali e guarda la tv, è giovane ma abbastanza esperto per capire che il vento intorno a lui ha cambiato direzione. E allora eccolo continuare a brandire le due Coppe di ieri come difesa dai risultati di oggi, ma non basta. Inzaghi ha delle colpe, ma come lui la società, intesa come proprietà e come management, sì anche Marotta, che per esempio ha rinnovato il contratto all'allenatore dopo lo scudetto perso (non l'ha fatto il Milan con Pioli, che lo scudetto invece l'ha vinto) aumentandogli anche l'ingaggio.

Scaricare interamente su Inzaghi la responsabilità del mancato arrivo di Dybala è ingiusto e impreciso. «Andiamo tutti in una sola direzione, è stata una scelta condivisa», taglio corto l'allenatore. Così come è sbagliato continuare a negare che sia stato un errore (di Marotta) non rinnovare a gennaio il contratto di Perisic, puntando su un giocatore già infortunato (Gosens), pagato 25 milioni in un momento di crisi finanziaria del club, col risultato che il titolare è oggi quella che ieri era la riserva di Perisic (Dimarco, per stasera solito ballottaggio col tedesco).

Inzaghi deve prima di tutto evitare di perdere col Barcellona, sarebbe la sesta sconfitta in 11 partite: nessuno può permetterselo. «Sarà una partita di sofferenza, in Europa nessuno recupera così in alto il pallone e adesso hanno anche Lewandowski. Contro il Bayern abbiamo sbagliato nei momenti clou, stavolta dovremo limitarli e colpirli quando ne avremo l'occasione». Lautaro sta meglio e ieri si è allenato. Stamane il provino decisivo, ma dovrebbe farcela. Torna De Vrij mentre Mkhitharyan prende il posto di Asllani, giudicato troppo acerbo per una simile ribalta.

Nessuno nega le responsabilità di Inzaghi nella stagione che doveva consacrarlo: come gioca l'Inter è agli atti da luglio, quando già in amichevole erano più le stecche che le note centrate. Tutti guardano alla fase difensiva, indicando nei 13 gol subiti in campionato, il grande problema dell'Inter. Teoria che serve per dimostrare che Handanovic è pronto per la pensione (stasera gioca Onana, per Reggio Emilia si vedrà, ma i tempi per la transizione totale sono maturi). Per la statistica, però, un anno fa dopo 8 partite, l'Inter di gol ne aveva incassati 11, solo 2 meno di oggi. E perché allora nessuno guarda anche ai numeri dell'attacco: finora, Lautaro ha segnato 3 gol, Dzeko 1, complessivamente la squadra appena 14; un anno fa i gol erano 23, cioè 9 in più, 5 li aveva fatti Martinez e addirittura 6 Dzeko.

Eppure sembra essere tutta colpa della difesa, e in particolare del portiere, ché invece anche i numeri dicono che è crisi di squadra, pesante e collettiva.

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