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Inter, chi perde è fuori. Macché girone, questa è una finale

Battute entrambe dal Bayern: bivio per gli ottavi Il Barça deve vincere, ai nerazzurri basta un pari

Inter, chi perde è fuori. Macché girone, questa è una finale

Complice il calendario e i precedenti risultati, col Bayern che ha battuto entrambe le squadre, Barcellona-Inter ha il sapore forte dello scontro diretto, anche se infilato al quarto turno di un girone ad altissima difficoltà e carico di storia (complessivamente 14 Coppe Campioni/Champions League e 24 finali). Inter con 2 risultati su 3, ma Barcellona spinto dal Camp Nou, riscaldato anche alla vigilia dalle polemiche di Xavi e Laporte, che non mollano le accuse all'arbitro di Milano. «Chi ha arbitrato all'andata, sarà in campo anche in questo turno: significa che per l'Uefa ha fatto bene», taglia corto Inzaghi, dribblando le trappole dialettiche della vigilia. In ogni caso, sarà una bolgia, stadio esaurito eccetto il settore ospiti. Facile dire che servirebbe una notte da Inter, a Barcellona pensano però che basti una notte da Barça. Sarà in ogni caso durissima. A San Siro, il Barcellona ha pagato la presunzione di sentirsi troppo forte oltreché bello, contro una squadra che si presentava in crisi. Stasera non capiterà, c'è da scommetterci.

Inzaghi gioca con i suoi titolarissimi, difficilmente sperimenterà l'Inter con un solo attaccante («è una possibilità, perché Lautaro e Dzeko arrivano da tante partite, giocano sempre loro», mette le mani avanti il tecnico). In difesa con Skriniar e Bastoni c'è De Vrij, chiamato al compito più arduo: arginare un'altra volta Lewandowski, all'andata lasciato dai compagni troppo solo e senza munizioni. Calha sostituisce un'altra volta Brozovic (non si sa se Asllani è il futuro, di certo non è il presente), Mkhitaryan mezzala da corsa e battaglia come Barella. A destra Dumfries, a sinistra ovviamente Dimarco, dall'inizio per la per la sesta di fila (più 2 in azzurro), a conferma che Inzaghi ha scelto l'erede di Perisic. Lukaku (come Correa) è rimasto a Milano, domenica dovrebbe tornare in panchina.

Tanti attesi, ma il più atteso di tutti è senz'altro il Toro Martinez, che non segna dal 30 di agosto (8 partite) e in Champions l'ha fatto una sola volta nelle ultime 14 partite, in casa del Liverpool, nella tanto prestigiosa quanto inutile vittoria che ha chiuso la scorsa eurostagione dell'Inter. Numeri certo non di rilievo, non da grande attaccante quale Lautaro è, ma sono trasferte come quelle di stasera che possono esaltare il Toro, già in gol al Camp Nou con Conte in panchina (2 ottobre '19, ma l'Inter perse) e poi a Dortmund e Madrid (Valdebebas, per la ristrutturazione della casa Real). «La trattativa che poteva portarmi qui fa parte del passato, ora ho quello che voglio: sono un giocatore dell'Inter e faccio il meglio per l'Inter», chiosa Lautaro nella vigilia in nerazzurro. La ricetta di Inzaghi è semplice, tenere palla. «All'andata l'abbiamo fatto troppo poco, dovremo palleggiare meglio. Il mio non è un calcio difensivo, ma qui bisognerà difendersi.

E provare a colpire quando ce ne sarà l'occasione».

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