L'esempio limite è quello del Manchester United, messo in vendita con un comunicato del CdA e un prezzo base dato dalla quotazione del club alla Borsa di New York. Al momento dell'annuncio, fine novembre, lo United capitalizzava a Wall Street poco più di 3 miliardi di dollari. Ora siamo intorno a 4,4 miliardi di dollari, con oltre il 40% di aumento del valore, generato proprio dalla possibile vendita. E oggi sapremo chi alla fine ha fatto le offerte e quale è stata la migliore, visto che ieri sera alle 23 è scaduto il termine per presentarle, fissato dalla famiglia Glazer, proprietaria dal 2005, quando lo pagò 790mila sterline. Per meno di 5 miliardi di sterline (5,6 miliardi di euro), difficilmente venderanno. Già si sa dell'offerta di Jim Ratcliff, Mr Ineos, ma alla fine potrebbero spuntare anche Elon Musk, oltre ai soliti fondi americani, sauditi e qatarioti. Insomma, un mare di denaro per chi è convinto di generarne ancora di più o ha in ogni caso la necessità di un veicolo nello sport più popolare per affermare e ripulire la propria immagine nel mondo, lo sport washing diventato materia per tutti con il Mondiale in Qatar, ma già praticato da anni a Parigi e Manchester, lato City.
Potere della Premier: lo scorso maggio, un consorzio Usa (non un fondo) guidato dal finanziere Tom Boehly pagò il Chelsea quasi 5 miliardi di euro a uno (Abramovich) che era costretto a venderlo. E non che i bilanci dei club inglesi siano molto più brillanti dei nostri. Lo United ha chiuso l'ultimo con 132 milioni di perdita, che si sommano ai 106 della stagione precedente. Eppure c'è chi ci crede ed è convinto di riuscire a guadagnarci.
Per l'Italia, ma non solo per l'Italia, in verità, la situazione è molto differente: c'è meno interesse anche perché minori sono le prospettive di crescita e guadagno. Non è più il tempo dei proprietari mecenati, ma in Serie A non è ancora quello dei grandi investitori, che arrivano, spendono e spandono. Emblematico il caso Milan-Elliott-RedBird. Avanti sì, ma a piccoli passi. Suning cerca un partner o un compratore da 3 anni, da quando i suoi conti sono andati in affanno per la differente politica economica del governo cinese. Già 2 anni fa, arrivò a un passo dal chiudere la trattativa con il fondo americano BC Partners, affare poi saltato proprio per la differenza di prezzo, 250 milioni in meno rispetto al miliardo di euro che chiedeva Zhang sr.
E da allora solo voci, l'ultima quella che il Giornale ha registrato ieri e che entro un paio di settimane dovrebbe portare all'ufficializzazione della nuova trattativa con un fondo americano, per una chiusura prevista entro l'estate.
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