Senza Lukaku, Hakimi e Conte, ma col pubblico. Che non sarà tanto (30 mila dei 37 possibili) ma dopo un campionato e mezzo senza, sembrerà tantissimo. Senza Lukaku e Hakimi, perdite pesanti e non colmate che zavorrano Simone Inzaghi nell'inevitabile confronto col fantasma di Antonio Conte, l'unico che a maggio aveva capito tutto e che, dopo lo scudetto, ha vinto anche la lotteria della risoluzione: 7 milioni per non allenare una squadra più debole, quando avrebbe essere il suo presunto plusvalore a coprire il gap causato dalle cessioni. Cui si aggiunge il taglio di Oriali, da ieri ufficialmente non più team manager.
Si parte oggi pomeriggio contro il Genoa (18.30), ma si è già cominciato nella prima chiacchierata di vigilia, un continuo dribbling su traguardi e obiettivi («siamo ambiziosi», senza citare alcunché), per non parlare di avversari («è prematuro fare adesso la griglia di partenza»: e allora quando?).
Doveva essere la stagione della seconda stella (Marotta dixit) rischia invece di essere un'annata alquanto difficile, anche a sentire il vice presidente Zanetti («io non posso mentire ai tifosi dell'Inter, sarà una stagione complicata; va detto per correttezza nei confronti di tutti»). L'Inter parte incompleta, come quasi tutte le squadre, e certamente più debole di quanto non fosse l'anno scorso. «Sappiamo che ci manca qualcosa in attacco, arriverà un'altra punta», spiega Inzaghi, che vorrebbe Correa, ma dovrà accontentarsi di ciò che Marotta riuscirà a comprare.
I soldi sono pochi, i nomi tanti: non solo Correa e Thuram, ma anche Belotti e magari Zapata, se i prezzi scenderanno. L'importante sarebbe avere le idee chiare. Vincerà l'opzione più conveniente, l'importante è che sia utile. Del resto, in squadra l'Inter ha due pesanti fardelli lasciati da Conte, i gemelli cileni da 6 milioni netti Vidal e Sanchez, peraltro infortunati, che nessuno ha voluto e che non hanno seguito l'ex tecnico sulla via della risoluzione per alleggerire il bilancio.
La sfida di Inzaghi al fantasma di Conte è improba e non si può non averne simpatia. «Sapevo che sarebbe partito Hakimi, poi c'è stato il problema di Eriksen, ma la partenza di Lukaku è stata davvero inaspettata», concetto che reitera più volte e che gli ha rovinato l'ultima parte di avvicinamento al campionato, la più importante. «Ho provato a convincerlo a restare, ci hanno provato anche Marotta e Ausilio, ma lui voleva il Chelsea, mi ha detto che quello era il suo sogno», racconta il tecnico, allineandosi alla narrazione nerazzurra del tradimento.
Oggi ci sarà Sensi dietro Dzeko, perché Martinez è squalificato e infortunato. Dumfries in panchina («deve ambientarsi») con Darmian e Perisic sulle fasce. La difesa è quella titolare, senza cessioni o infortuni; Calhanoglu in mezzo, con Brozovic e Barella.
Mancano i gol di Lukaku (tanti: 47 in 2 campionati, 64 in 2 stagioni) ma c'è uno scudetto da onorare, vinto 3 mesi fa, dopo un campionato dominato, senza difficoltà apparenti se non quelle autoprodotte da una situazione societaria che definire imbarazzante è un eufemismo e che chissà se è stata sistemata per davvero o solo tamponata e fino a quando.
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