«Missione compiuta! Ora puntiamo al primo posto del girone. #UCL #FinoAllaFine». C'è Juve e Juve. Mentre Allegri manda messaggi su Twitter come un generale in guerra, Agnelli parla di ironia a modo suo. «L'ironia non deve mai venire meno nel calcio così come una sana competitività e il divertimento. Quello che dobbiamo eliminare sono violenza e razzismo negli stadi», ha spiegato. E subito si è adeguato pensando al futuro della Juve, leggi derby col Toro. «Noi giochiamo sempre per vincere... ma loro sono 15 anni che non vincono, e anche non segnano».
Ironia e veleno (ma pure il contropiede è veleno) sono le armi della Juve fuori dal campo. Quel parlare latino-americano è la miglior lingua della Juve in campo: Llorente-Tevez-Vidal se la suonano e se la cantano. E il Principino Marchisio fa il violino italiano nel gioco all'italiana. Pregi di una squadra che ha riscoperto il bello del vincere nelle trasferte di Champions e il buono di un gioco diverso: gol in contropiede, contropiede come arma velenosa e contundente e niente affatto stridente con il buon gioco. Ed, infatti, c'è la Roma che gioca(va) bene, non vince e parla di strip e c'è la Juve che continua a vincere e parla di strike (nel senso del bowling): 5 successi su 5 in novembre, due netti (Empoli e Malmoe), uno da lucidar gli occhi (Lazio), un extralarge (Parma) e un po' di brivido con l'Olympiacos. La differenza sta nei particolari e nel cambio di modulo che ha rinvigorito la squadra, forse rassicurata e permesso di sfruttare la bontà dei velocisti juventini e dei tre incursori di qualità: Marchisio, Vidal e Pogba. Giocano tutti insieme, mentre l'anno passato si alternavano: un altro particolare vincente.
La ritrovata via del gol, percorsa da Tevez (4 gol) e Llorente (3 più uno in comproprietà col portiere dell'Olympiacos) ha segnato potere e strapotere. Stavolta coppia Champions che, ancora una volta, lucida il buon fiuto delle scelte bianconere: Llorente l'anno scorso e quest'anno ha faticato all'inizio, è stato discusso ma poi è diventato indiscusso goleador. Tevez è entrato subito in sintonia con entrambi i tecnici e li ha ripagati. «Gioco libero, faccio quel che voglio», ha spiegato prima del Malmoe e, ancora una volta, la libertà è andata al potere. E le reti sono diventate 12, l'anno scorso furono 21: c'è il tanto per migliorarsi. Quest'anno Carlitos si è strappato di dosso la maledizione Champions, Tevez è tornato a segnare in trasferta dopo sei anni di astinenza. C'è ancora tempo per rifarsi. L'occhio di tutti è rivolto all'ultima di Champions in casa con l'Atletico: «Bisogna vincere», sembra un tam tam, un tormentone, forse una promessa a se stessi prima che ai tifosi.
Si può credere a questa Juve latino americana: Vidal è tornato ad essere prepotentemente nel gioco, anima e vigore di una squadra che si regge sulle gambe sue e su quelle del Principino. Pogba va con più alternanze, Pirlo è la classe ma senza quelle due stampelle non servirebbe. Vidal trequartista non è credibile ed infatti gioca da mezzala, e lascia che lo chiamino trequartista. Dicono non sia ancora quello del passato, ma non è un top: semmai una classe operaia evoluta. Forse il suo passato è stato troppo enfatizzato, gli manca qualche gol ma il resto c'è tutto. Non può fare, e nel passato non ha fatto molto di più.
Ma tanto basta alla Juve che ora ha scoperto le qualità di Padoin terzino e qui c'è la mano dell'allenatore che, anche al Milan, provava ad inventare nuovi ruoli: Boateng trequartista, De Sciglio stopper, Constant terzino (vedi
Padoin), Emanuelson tutto fare. Allegri è abituato a fare nozze con fichi quasi secchi. Ma intanto aspetta che la società gli trovi un difensore. In pole position c'è Rolando: lo rivoleva l'Inter, potrebbe finire meglio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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