Non poteva dire altro, CR7. «Giochiamo per vincere tutto. Non è semplice, ma è possibile». Dal numero uno (o due: cambia qualcosa?) al mondo, non ci si poteva aspettare altro. Semmai, alla vigilia del match contro il Lokomotiv Mosca, Ronaldo si spende fino in fondo per mostrarsi come il perfetto uomo squadra, per nulla interessato ai riconoscimenti personali. Il che, a dirla tutta, è un messaggio che fatica a passare o che quanto meno non trova sempre riscontri oggettivi: i suoi musi e le sue polemiche anche recenti - con la Fifa si sprecano, ma tant'è. «Quello che conta è il collettivo. Se si vince di squadra, si vince anche a livello individuale. I premi o il Pallone d'Oro restano in secondo piano. Dybala o Higuain al mio fianco? Siamo pieni di grandi giocatori, basta vedere la sfida con l'Inter: Dybala gioca e segna, entra Higuain e segna anche lui».
Dichiarazioni da calciatore modello, insomma. Pronto stasera a battere un altro record: se infatti centrasse il bersaglio contro i russi, il portoghese diventerebbe il primo calciatore capace di segnare a 34 squadre diverse nella massima manifestazione continentale, staccando Raul (33) e l'immancabile Messi (32). «Penso che la squadra stia facendo meglio, abbiamo più fiducia in noi stessi», ha proseguito. E se ad Allegri saranno fischiate un po' le orecchie, poco male: il nuovo corso gli piace, perché «stiamo giocando un calcio diverso, più d'attacco. Il mio ruolo? Ho un po' più di libertà. Sono contento, perché gradualmente siamo dove dovrebbe stare la Juventus. Abbiamo cambiato per migliorare». Poi, certo, tutto è perfettibile: «Segniamo meno di quanto vorremmo. I 700 gol appena superati? Rappresentano il passato: non ci penso più. Voglio andare oltre, raggiungendo altri numeri per aiutare la squadra: i traguardi personali mi inorgogliscono, ma la priorità è vincere con la Juventus e il Portogallo». Dice di non pensare al Pallone d'Oro (cinque li ha già in bacheca, ndr), ma solo alla Lokomotiv: che, per la cronaca, ha 3 punti, solo uno in meno rispetto alla Juve e all'Atletico Madrid. «Sono più forti di quanto in tanti si aspettassero», avverte tutti Sarri. Il quale si coccola il portoghese («mentalmente ha qualcosa più di tutti: sono certo che, mentre segnava il gol numero 700, già pensava agli 800») e stasera gli affiancherà probabilmente Dybala: «La fortuna è che, se anche tirassi a sorte, le possibilità di sbagliare sarebbero limitate».
La Signora si piace, ecco. E Ronaldo guarda avanti, magari fino alla fine del contratto che sulla carta lo prevede bianconero per altre due stagioni: «L'età è un numero, null'altro. Non significa che a 33, 34 o 35 anni io sia alla fine della mia carriera. Posso dimostrare di essere ancora decisivo: adesso, anzi, mi sento più lucido e maturo». Sembra una dichiarazione di guerra lanciata alla concorrenza. E magari lo è davvero, perché vincere è l'unica cosa che conta sia per la Juve che per il fuoriclasse di Funchal. «Mi infurio quando la gente non dice la verità. Nel calcio, però, non sono molte le cose dette dalla stampa che mi fanno arrabbiare. Fa parte di un'industria che conosco da quando ho 17 anni e lo accetto.
A parte il calcio ho una vita, una famiglia e una compagna: questa è la cosa più importante. Cosa mi rende felice? Vincere, segnare, tornare a casa e ricevere i complimenti dei miei bambini». Un quadretto da Mulino Bianco: per completare il quale, manca una Champions da vincere con addosso il bianconero.
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