Vince l'Italia che ha voglia. Di correre. Di esserci. Due partite che potevano essere la prosecuzione dell'agonia mondiale, della condanna di dover guardare gli altri per un mese giocarsi la coppa del mondo in Qatar. Invece diventano germi per una rinascita. Si dirà del coraggio di Mancini di cambiare modulo contro l'Inghilterra oppure dell'intuizione del ct di schierare la banda bassotti in attacco in casa degli ungheresi.
Però in campo poi ci vanno i giocatori, la differenza la fanno loro con l'atteggiamento: il gol di Raspadori nasce dalla pressione corale; l'azione spettacolare del raddoppio ricorda le giocate europee; le parate in serie di Donnarumma danno un senso nuovo di sicurezza. Se un rimpianto c'è dimenticando i rigori sbagliati contro la Svizzera e ripensando a marzo, alla Macedonia, è non aver avuto questa condizione fisica in quella partita tra infortuni e giocatori col fiatone, altri che magari si sono sentiti arrivati nella notte europea di Wembley.
Mancini ha mandato messaggi, ha richiamato alla voglia di amare di più la maglia della Nazionale. In due partite si è ritrovato il dna del nostro calcio, la difesa fatta anche di sofferenza come nel secondo tempo contro l'Ungheria, ma anche il bello del gioco con il coraggio che ci ha contraddistinto nella cavalcata europea e che ci è mancato, insieme a un pizzico di fortuna, durante l'inseguimento mondiale. Se battere la modesta Inghilterra può essere normale, vincere in casa dell'Ungheria che voleva riscrivere la propria storia non può essere considerato banale e sicuramente è più difficile che affrontare la Macedonia.
Andare alla final four di Nations League non è un premio di consolazione, ma solo il risultato di una consultazione che ha dato una chiara indicazione di voto: avanti con l'Italia che ha voglia di esserci e
non solo quando gli fa comodo. È un plebiscito, non ci sono seggi da distribuire per salire sul carro dei vincitori. Aspettando un segnale da Scamacca, c'è posto solo per un attaccante. Di quello c'è un disperato bisogno.
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