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Leonardo? Il consiglio che qualcuno non vuole

Chiamato il brasiliano, ma chiede pieni poteri. E c'è chi preferisce Blanc, Pioli, Bielsa o Villas Boas

Leonardo? Il consiglio che qualcuno non vuole

C'erano un inglese, un cinese, un indonesiano, un argentino e un italiano. Messa così la conferenza stampa della dirigenza dell'Inter post assemblea dei soci può sembrare una barzelletta, ma non c'è più nessuno che ride, soprattutto tra i tifosi. Anche perché il peggio non ha più fine. Venerdì a quel tavolo c'erano le diverse anime di una società ormai divisa in tre, se non in quattro, ed anche se tutti professavano grande unità nel difendere la panchina di Frank De Boer, parlavano lingue diverse. E non solo per le diverse nazionalità. Michael Bolimbroke difendeva il risanamento del bilancio che ha tirato fuori l'Inter dalle secche del Financial Fair Play (giustamente, fino a quando non ha cominciato ad abbinare De Boer alla pausa natalizia), Zanetti rispondeva automaticamente con lo sguardo tra lo spento e l'infastidito, Ausilio diceva che il giornalisti lo fanno sorridere e che quindi lui i giornali non li legge (e neanche i libri, abbiamo recentemente saputo). Poi c'era Yang Yang, il rappresentante di Suning, che con un sorriso glaciale confermava che tutto va bene finché va bene, e il rappresentante indonesiano di Thohir che confermava che tutto va bene fino a quando va bene ai cinesi. «Puntiamo allo scudetto» ha concluso Bolimbroke, lui davvero il più di buonumore. Non era una battuta, purtroppo. Insomma: la quarta sconfitta in cinque partite (quella con la Samp) - ovvero la quinta totale in campionato a cui si aggiungono le due in Europa League - arriva in questo scenario. E in tema di barzellette più o meno riuscite la battuta migliore l'ha fatta a fine partita lo stesso De Boer, quando ha risposto così: «Il mio esonero? Chiedete alla società». Già, ma quale?

Nel calcio di solito i successi partono dall'alto. E di solito le società sono una piramide. Nel caso dell'Inter attualmente si vede un solido irregolare transcontinentale del quale neanche Archimede saprebbe calcolare l'area. Da chiedersi a questo punto in che posto mettere Frank De Boer, che sia chiaro ha le sue colpe, e che colpe: ha litigato con mezzo spogliatoio (per la cronaca Brozovic, Perisic, Kondogbia e Jovetic quelli conosciuti, leggenda vuole anche con Nagatomo, di sicuro con Eder in diretta tv per non parlare del mistero Gabigol, pagato 28 milioni da Suning ma mai pronto per il calcio italiano), ha continuato a proporre un'idea di calcio stucchevole e inadatta ai giocatori che ha in mano. E che i giocatori non gradiscono, facendolo chiaramente capire con un impegno al minimo sindacale. Testardo insomma come quelli dell'orchestrina del Titanic, ma qui a fondo non ci va solo lui. Perché i dirigenti a voce lo difendono a spada tratta, per poi delegittimarlo parlando con amici. E nel frattempo impazza la ricerca di un nuovo allenatore, naturalmente in ordine sparso.

Il borsino di ieri era ristretto (si fa per dire) a sei nomi, ed anche questa non è una barzelletta. Gli italiani vorrebbero un italiano: Pioli o Guidolin. Thohir strizza l'occhio a Blanc che ne strizza due a Thohir. Piacciono anche Bielsa e Villas Boas. I cinesi vorrebbero ascoltare il consiglio più logico, ovvero Leonardo. Il quale però chiede garanzie sul suo ruolo futuro da dirigente con carta bianca e qui è già partita la contraerea. In pratica: il brasiliano (che, ricordiamo, è l'ultimo tecnico che ha fatto vincere qualcosa all'Inter, cioè la Coppa Italia 2011) sarebbe la scelta più logica per ricompattare uno spogliatoio distrutto e preparare la risalita. Ma siccome l'ha proposto il consigliere Moratti, c'è chi ha fatto sapere - ovviamente fuori conferenza stampa - che tanto attivismo dà fastidio. E l'Inter intanto finisce come il ponte crollato sulla superstrada: a parole è colpa di tutti.

Quindi di nessuno.

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