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"La lezione dell'estate: basta piangersi addosso. Con il lavoro si vince"

L'ex ct ora guida le giovanili: "L'Italvolley si sta rinnovando. Noi Paese ricco, ricordiamocelo..."

"La lezione dell'estate: basta piangersi addosso. Con il lavoro si vince"

Si scrive Julio Velasco, si legge pallavolo. Ma non solo. Perché il tecnico di La Plata, leggendario ct dell'Italvolley e dal 2019 direttore tecnico delle giovanili azzurre, rappresenta un punto di riferimento per lo sport italiano a tutto tondo. Ma guai a chiamarlo guru: «Quando mi fanno passare per uno che ha la ricetta pronta per tutto, mi girano. Non mi piace, perché credo molto nella specificità dei problemi. E, di conseguenza, delle soluzioni».

Parliamo di volley, allora. Con un Mondiale U21 appena messo in bacheca.

«Vincere è sempre una grande soddisfazione, ma la missione delle giovanili è quella di formare giocatori per il futuro di nazionale e club. Lavoriamo in sinergia con le società, con una metodologia condivisa ma senza ricercare l'uniformità a tutti i costi. La diversità è una ricchezza, e nemmeno nelle scienze esiste un solo metodo valido; figuriamoci nello sport».

Michieletto è l'emblema del vivaio azzurro.

«Dopo i successi con le nazionali juniores ha dimostrato di essere già pronto per giocare in quella maggiore, coronando il tutto con gli ori all'Europeo e al Mondiale U21. Oltre a lui, 10 dei 12 della nazionale campione del mondo giocano già in Serie A1. È il segnale che è stato fatto un buon lavoro, a prescindere dalla vittoria che rappresenta la ciliegina».

Un rinnovamento che ha già portato in dote un Europeo coi grandi.

«Blengini aveva dato il via a una importante operazione di ricambio generazionale con l'inserimento dei vari Giannelli, Lavia e Michieletto. De Giorgi sta portando avanti il lavoro per sostituire veterani come Juantorena e Zaytsev. Un percorso che, come spesso accade, viene accelerato al termine del ciclo olimpico».

Se lo immaginava De Giorgi sulla panchina della nazionale?

«Non potevo prevederlo, ma sono orgoglioso del fatto che tanti ragazzi della mia Italia siano diventati poi allenatori, molti dei quali con grandissimo successo. Fefé ha un curriculum notevole, e sono sicuro che riuscirà a dare continuità alla vittoria dell'Europeo. Non ci scordiamo dell'importanza e della delicatezza del ruolo del ct. In un club, se manca un giocatore con determinate caratteristiche se ne cerca uno sul mercato. In nazionale, invece, ci si deve arrangiare col materiale che si ha a disposizione. Per questo la figura del ct diventa decisiva».

Un po' come successo con Mancini.

«Roberto ha trovato una buona sintesi tra un forte rinnovamento e i punti fermi rappresentati da veterani come Bonucci e Chiellini. La vittoria di Wembley può essere di grande aiuto per tutto lo sport italiano, perché troppo spesso non ci crediamo abbastanza. Mancini lo ha fatto dopo il funerale sportivo per il Mondiale mancato, come Lippi e Bearzot prima di lui. Penso non sia un caso che tre grandi vittorie della nazionale di calcio siano arrivate dopo situazioni di gravissima difficoltà. Serviva un ct leader, che credesse nelle potenzialità e fosse capace di trasmettere questa fiducia a tutto l'ambiente. Convocare tre giocatori del Sassuolo è stato un segnale, e Roberto ha fatto quello che è normale in molti altri paesi: se uno è bravo, non c'è carta d'identità o esperienza internazionale che tenga».

L'Italia di Mancini può aver ispirato l'estate da record dello sport azzurro?

«Il clima positivo ha rappresentato uno stimolo importante, ma ogni situazione è molto specifica e va analizzata nei particolari. Ad esempio, nel volley non dobbiamo commettere l'errore di dimenticare i due fallimenti delle Olimpiadi. Quando vinci, poi, cambia tutto: un conto è arrivare senza i riflettori addosso, un altro è avere la responsabilità di rispettare le attese. Sarà così per l'Italvolley al Mondiale, o per Jacobs al primo meeting in cui tornerà a gareggiare».

Come si può rendere il 2021 un punto di partenza per lo sport italiano?

«Non dobbiamo dimenticare il privilegio che abbiamo: quello di vivere in un paese ricco, al netto dei problemi che esistono e vanno affrontati. Ci confrontiamo con nazioni che ne hanno di ben più gravi, ma che nonostante questo spesso ci battono.

Smettiamo di piangerci addosso, conserviamo l'umiltà che ci ha fatto arrivare fino a qui e lavoriamo ancora più duramente».

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