Gli opposti che si attraggono. Questa è l'Inter in questo momento. Da una parte la juventinizzazione del club interista dall'altra la dejuventinizzazione di Antonio Conte. Stasera se le telecamere dovessero immortale al Wanda Metropolitano il nuovo allenatore nerazzurro e l'ad Beppe Marotta, per un attimo sarebbe un déjà vu a tinte bianconere, un salto indietro di cinque anni, alla Juventus che si presentava con «i dieci euro, in un ristorante da cento», il concetto di Conte. Mai digerito da Andrea Agnelli. Invece Conte-Marotta un lustro dopo è la rivoluzione interista che si colora di bianconero. Anche se l'Inter non vuole, ma ha ragione Marco Materazzi quando dice che «il passato non si cancella». E Conte è il simbolo del 5 maggio. Più facile per l'ex allenatore della Nazionale, come pare piaccia essere presentato dagli ambienti nerazzurri, normalizzare la «pazza Inter» che dare una verniciata di blu alle righe bianche che da sempre hanno accompagnato il nero nella vita di Conte. L'estremizzazione nel messaggio della curva interista non ha senso, ma come successo a Marcello Lippi, il nuovo allenatore dell'Inter deve essere consapevole che nulla gli sarà perdonato. Anche i cinesi che imparano in fretta, hanno capito al volo che questa rivalità non ammette compromessi. Steven Zhang nel giorno in cui è diventato presidente ha detto: «Icardi mai alla Juve». Ora si torna a parlare dello scambio con Dybala, si completerebbe il puzzle: dalla scrivania alla panchina anche il campo avrebbe il suo pezzo bianconero pregiato (senza nulla togliere ad Asamoah). Oggi Zhang, padre e figlio, incontreranno Conte alla vigilia della finale di Champions. L'Inter ha la convinzione di essersi clamorosamente avvicinata alla Signora, che ufficialmente non ha ancora un allenatore. E l'effetto Conte ha provocato rigurgiti più o meno scomposti anche sul popolo bianconero. Che stasera avrebbe voluto essere a Madrid in carne e ossa, soprattutto in campo per dare l'assalto a quella ossessione chiamata Champions. Non ci sarà nemmeno Andrea Agnelli e nessun dirigente bianconero. Di juventino ci saranno ologrammi del passato. Quello che non si può cancellare, ma con cui si deve convivere nel migliore dei modi.
Inutile pensare di dejuventinizzare Conte, quando per tornare a vincere si sono presi due simboli del dominio della Signora. Negare la juventinizzazione dell'Inter significherebbe rinnegare il progetto. Non certo il modo migliore di iniziare se si vuole tornare a vincere.
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