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Il Liverpool dopo 24'' ha già in tasca l'Europa E Alisson la conserva

Un rigore condanna subito il Tottenham Il portiere e Origi rendono vincente Klopp

Il Liverpool dopo 24'' ha già in tasca l'Europa E Alisson la conserva

È il Liverpool a salire sul tetto d'Europa, a vincere la Champions League. È Reds il colore della gioia dopo tre anni di dittatura blancos, di Real Madrid. Il Tottenham deve inchinarsi in una partita brutta, bella sono nel finale, vinta da un Liverpool solo efficace e mai spettacolare: un colpo all'inizio, dopo ventiquattro secondi anche se il rigore Salah lo segnerà al secondo minuto; l'altro al terzultimo minuto di gioco con un destro chirurgico di Origi. Più forte la Spursyness, la capacità di buttare via tutto sul più bello tipico della squadra del nord di Londra, della maledizione da finale di Klopp che vince la sua seconda su otto tentativi e rinvia la scrittura di un libro che aveva promesso in caso di ennesimo ko. Invece riporta la Coppa Campioni a Liverpool, quattordici anni dopo l'incredibile notte di Istanbul contro il Milan. Stavolta non c'è bisogno di ribaltoni, eppure è stata l'edizione delle rimonte clamorose, e nemmeno degli effetti speciali. Ha prevalso la tradizione, sesta vittoria Reds, contro la novità, con il Tottenham che resta ancora a secco.

La finale è una questione di riconoscenza questa sconosciuta, sia per Pochettino che per Klopp. Perché gli uomini della provvidenza restano inizialmente a guardare. Da una parte Lucasas Moura che con i tre gol ha ribaltato l'Ajax all'ultimo secondo; Fernando Llorente che con un gol di anca-mano ha beffato il City. Dall'altra Origi, colui che ha schiantato il Barcellona con una doppietta. Il tecnico «piemontese» ha poco da Kane, recuperato in extremis più che un uragano una bonaccia, così come Klopp ha pochissimo da Firmino, uscito dall'infermeria in tempo utile. L'uomo qualcosa deve avere imparato a dispetto delle parole della vigilia: francobolla Eriksen con Wijnaldum, per spegnere la luce agli Spurs. In una finale senza Cristiano Ronaldo e Messi si cercano eredi. La esse di stella è quella di Salah e Son. L'egiziano è freddo a trasformare il rigore dopo due minuti anche se non lo calcia perfettamente. Ma il gol è un'iniezione di fiducia anche se lo porta a strafare. Invece il sudcoreano fatica, salvandosi solo nel finale quando sbatte su Alisson.

Il Tottenham fa la partita nel primo tempo. Gioca la squadra di Pochettino anche se non lo fa «libera come i bambini» come aveva chiesto il suo allenatore, mentre quella di Klopp alza la palla a ripetizione sfruttando la capacità di Manè di sorprendere alle spalle la difesa Spurs come in occasione del rigore dopo ventiquattro secondi. I più in palla sono i terzini Robertson e Alexander Arnold. Primo tempo che si trascina, come se il vantaggio immediato dei Reds avesse narcotizzato la partita. Ecco, se il modello inglese deve essere preso a riferimento, , come va di moda dire, raccontare e scrivere da qualche settimana non è certo la notte del Wanda Metropolitano l'esempio migliore. La ripresa è appena meglio, solo per il fatto che il Tottenham deve sbilanciarsi per recuperare. Ma è il Liverpool che va vicino al raddoppio con il sinistro di Milner. Fino agli ultimi dieci minuti Alisson deve solo parare cross e fare buona guardia su tiri innocui. Poi sale in cattedra con almeno quattro interventi decisivi: due volte su Son, poi Lucas e la punizione di Eriksen. E fa capire la differenza tra l'avere un portiere di fatto o solo di nome, ripensando alla finale di Kiev, alle papere di Karius. Così la può chiudere Origi.

È festa Reds nella città degli ex dittatori blancos.

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