È già un derby sull'orlo di una crisi di nervi. E non solo perché a Milano, nella settimana della fashion week, non si trovano tavoli liberi al ristorante e taxi alle fermate. 200 paesi collegati via tv, 240 giornalisti accreditati e le ultime riserve di biglietti ancora disponibili prima dell'incasso record da oltre 5 milioni di euro (prezzi salatissimi, così si spiega il ritardo dell'esaurito, ndr) sono gli ingredienti classici della sfida che trae una spinta emotiva dagli ultimi eventi, in particolare il debutto interista in Champions scandito dall'intemerata di Antonio Conte e dalla notizia di un virile litigio tra Lukaku e Brozovic. «Chi scrive queste cose non è mai stato in uno spogliatoio» commenta serafico Stefan De Vrij, olandese di scuola e di testa per far intendere che taluni duelli rusticani sono il sale e il pepe di un gruppo calcistico.
Quel confronto, segno di sanguigna vitalità, rappresenta piuttosto lo spaccato più autentico di due concezioni calcistiche che si affrontano e confrontano ad Appiano Gentile dall'avvento di Conte: da una parte la vecchia Inter attendista e un po' pigra, dall'altra la nuova Inter coraggiosa e ambiziosa che vede nell'attacco la strada per liberarsi dei ritardi più recenti. «Non voglio mai più vedervi così passivi» è la frase attribuita a Conte che ha passato la prima notte dopo lo Slavia Praga ad Appiano Gentile per far capire che c'è da mettere subito la testa al derby. Sempre Lukaku, che è poi l'acquisto simbolo della nuova era, intervistato da una tv straniera, ha lisciato il pelo al suo partner dell'United, Alexis Sanchez («io e lui faremo la differenza») rimasto fuori dalla scena europea. Politano, entrato al posto di Lautaro, con piglio picaresco, non sarà certo entusiasta.
E che si registri identica tensione nell'accampamento opposto di Milanello, è documentato da una settimana nella quale si sono registrate le frecciatine di Boban a Giampaolo («perché non giocano i nuovi? Chiedete al tecnico»), di Paquetà sempre a Giampaolo («orgoglioso di essere brasiliano») poi seguita da un sincero chiarimento tra i due e infine la promozione di Donnarumma («è lui l'uomo spogliatoio») firmata dal dirigente croato, forse per cancellare il ricordo amarissimo di un precedente (derby di ottobre 2018, uscita a vuoto su Icardi e gol subito a pochi secondi dalla sirena). «È più stressante vederlo da dirigente che giocarlo in campo» l'ultima testimonianza firmata da Paolo Maldini che in carriera ne ha giocati, vinti e persi, una vera infinità ma adesso, seduto in società sulla sedia che scotta, ne avverte tutto il peso dopo lo scivolone di Udine e i due successi con Brescia e Verona, salutati senza grande entusiasmo da critica e tifosi.
Da verificare infine la tenuta nervosa di Marco Giampaolo, anche lui al debutto nel derby di Milano, dopo quelli di Genova archiviati con più di una soddisfazione, ma
alle prese con molti, troppi problemi da risolvere in un colpo solo. Un esempio? La sostituzione di Calabria, squalificato. Il primo della lista è Conti, ultima esibizione nell'aprile scorso, un collaudo lontano nel tempo.
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