L'ultima pagaiata di Josefa «Italia fai come me e ti rialzi»

L'ultima pagaiata di Josefa «Italia fai come me e ti rialzi»

Nostro inviato a Eton
L'olimpiade femmina saluta una donna più donna. Nel farlo manda ancor più in crisi gran parte dei maschietti d'Italia ridotti a comparse in questi Giochi dell'impari opportunità sportiva. Solo che la donna più donna stavolta mette in difficoltà anche le altre donne. Perché Josefa Idem che annuncia il ritiro terminata l'ultima fatica, la decima finale in carriera, l'ottava olimpiade, Josefa che chiude quinta a 26 millesimi dalla quarta e a tre decimi dal bronzo, Josefa è roba da matti. Talmente da matti che anche se vince un'ungherese, sarà poco olimpico dirlo, ma chissenefrega. Ha vinto Josefa.
Così, per la prima volta, le donne rischiano di andare in crisi davanti a una super donna che parla di vita, politica, sport e fatica perché «questa è stata l'ultima gara e no, non mi mancherà, voi non avete idea del dolore che si prova in certi allenamenti» dice. Solo a fissarla di sguardi fissi e insistenti si scopre molto. Josefa ha la carnagione, le caviglie, i polpacci, le ginocchia, le cosce, i fianchi, l'addome, il busto, le mani, i polsi, le braccia, le spalle di una ventenne. E il viso di una quarantottenne. La sua vera età. La magia sta in questa madre che madre natura ha dotato di super fisico e «dico alle mamme di non farsi dei complessi di colpa, diamo tanto ai nostri figli, anche se a volte pensiamo di essere poco presenti».
Josefa atleta, Josefa madre, Josefa tedesca, Josefa italiana, Josefa «che mi piacerebbe fare la giornalista», Josefa che «io ministro dello sport ma no, ma no, però...», Josefa che consola, giustifica, spiega, «pensiamo sempre e solo ai risultati, invece la vicenda umana di Alex Schwazer deve farci riflettere. Quando ha dichiarato di non amare il suo sport, voleva dirci che era pressato da progetti e aspettative che non è riuscito a conciliare con la sua vita. Sì, lo capisco proprio, quando iniziai non mi piaceva l'ambiente del canottaggio e avevo un allenatore autoritario. A 24 anni ero pronta a lasciare». Il povero Schwazer ormai sulla bocca di tutti, il povero Schwazer assurto a unità di misura di un disastro umano e sportivo, il povero Schwazer esempio per i giovani e sportivi che saranno. «Io vado spesso nelle scuole e parlo coi ragazzi e scopro che si ispirano ai calciatori e che spesso confondono il valore delle persone con il loro conto in banca. Scopro che hanno un'idea sbagliata della vita. La vita nasce da un progetto di vita che invece i ragazzi, tante volte, non hanno perché sono solo chiamati a ingerire nozioni e a vomitarle davanti a maestri e professori. Se non insegniamo ai nostri giovani la gioia di vivere e la gioia di trovare la propria passione, diventeranno adulti che accetteranno quel che trovano anziché pianificare un progetto. Manca il lavoro educativo alla base, a scuola, dove mandiamo magari i più scarsi a lavorare sui più fragili».
Scuola sistemata. Avanti. Ascoltando la donna più donna è un attimo fare due più due. Nata e cresciuta tedesca, maturata italiana, smessa la canoa andrebbe piazzata sei mesi accanto ad Angela Merkel per spiegarle come sono gli italiani e sei a fianco di Mario Monti o a chi per lui per insegnargli come sono i tedeschi. Saremmo a posto. «Io sono grata all'Italia, a voi, alla gente. Per come mi avete sempre trattato» e si commuove. «Ma perché adesso mi vengono le lacrime?» domanda, si domanda. «Sono felice, sì, di aver scelto l'Italia, io che vengo da un Paese che tante volte viene preso ad esempio. L'Italia invece troppe volte si butta giù da sola. Dovremmo solo metterci in testa un'immagine migliore di noi stessi. L'Italia ha tutto, deve solo cominciare a darsi delle regole. Sì. Regole, autocritica, obiettivi, un po' di disciplina e il tutto alla faccia dello spread». E di Grillo. «La sua battuta sui nazionalismi alle Olimpiadi? È un patacca, chi vince va festeggiato, emoziona, è un mondo globale, non per questo dopo un trionfo qualcuno pensa di invadere un Paese... L'impegno degli atleti non si denigra». Quanto al sentimento antitedesco di cui ha di recente accennato il premier, la risposta è molto uber alles: «Se altri con cui si è deciso di condividere un progetto criticano, bisogna comprendere le osservazioni e trasformare i problemi in occasioni di cambiamento e crescita.

Come ho fatto io in questi giorni. Corsie difficili, penalizzanti, potevo prendermela con gli organizzatori. Ho invece deciso di darmi da fare, di tirare fuori il meglio, di trasformare una difficoltà in opportunità. E adesso smetto felice».

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