Aveva lasciato lItalia con un conto in banca ben rifornito dal Milan, ma anche con una profonda amarezza nellanima per aver fallito limpresa di firmare una grande impresa nel nostro calcio. Giocando sul suo cognome, si parlava di lui come di un allenatore ad interim, nel senso che oggi cè e domani chissà. A distanza di qualche anno sè ripreso il titolo di Imperatore (proprio così caro Adriano) facendo assaporare al popolo turco la soddisfazione di avere una grande nazionale. Fatta di gente che non muore mai. Ne sa qualcosa la Germania che solo allultimo minuto ha guadagnato la finale. E Fatih Terim, che nel profondo del cuore covava la speranza di andare avanti, ha pianto davanti alla sua gente. È la testimonianza di quanto conti lallenatore in un calcio che vive di episodi e di particolari. Il ct della Turchia sè ritrovato con 14 giocatori come ai tempi in cui si portavano in panchina solo tre uomini: gli altri erano squalificati (4) o infortunati (5). Ma non ha fatto una piega, né ha cercato alibi.
«Se lo avessi fatto, avrei demotivato quelli che mandavo in campo», ha spiegato. È lui il vincitore morale di questo Europeo.PS. Gli chieda qualche ripetizione la tennista Schiavone che continua a perdere incontri già vinti.
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