La Juventus finisce nella bocca del Lione. Niente rimonta. Niente final eight di Lisbona. Non basta il solito Cristiano Ronaldo, una doppietta per fare 131 in Champions ma che non ribalta i francesi. Questa Juve non è alla sua altezza, se la ricostruzione di France Football è vera, questa notte europea d'agosto ne è la conferma: da dieci anni CR7 non si fermava così presto sul suo palcoscenico. Per il club è un salto indietro di quattro anni, al 2016 quando Allegri al secondo anno fu eliminato negli ottavi dal Bayern Monaco di Guardiola. Ma se quella squadra era figlia di una rivoluzione quindi con un futuro tutto da scrivere, questa sembra al capolinea. Serve un nuovo progetto, una rifondazione con Maurizio Sarri che è destinato all'addio: è l'ambiente ormai a respingerlo. Non dipendeva dal Lione, non è questione di essere o non essere dilettanti ma sicuramente la sfida coi francesi potrebbe aver sciolto i dubbi residui nella dirigenza bianconera. Si parla di un altro progetto: Simone Inzaghi in pole, quindi nomi in ordine sparso fino a Paulo Sousa. Poi toccherà alla squadra: l'opera di ringiovanimento è iniziata con Kulusevski e Arthur, ma non basta. Servono rinforzi in tutti i reparti. E non è nemmeno detto che l'opera la porti avanti Fabio Paratici: «Siamo tutti sotto osservazione».
In casa Agnelli sarà una settimana di ferragosto di riflessione e di passione, non perché il Covid ha fatto saltare la passerella di Villar Perosa, ma non si potrà aspettare troppo. La nuova stagione è già alle porte. La vecchia si conclude con l'amaro in bocca, il rammarico di aver giocato con il Lione nei due momenti peggiori della stagione. Dodici minuti e i bianconeri sono già nel baratro: Bentancur interviene sulla palla, ma è Bernardeschi a sbilanciare Aouar (nella stessa aerea dove l'ex viola si procurò il penalty qualificazione con l'Atletico), Depay non sbaglia il rigore col cucchiaio. La squadra di Sarri subisce il colpo, sbatte sul muro francese, come spesso le è capitato quando si è ritrovata davanti una a difesa a tre (Inter a parte). Uno slalom di Bernardeschi chiuso sulla linea di porta e poco altro. Troppi i giocatori fuori fase: Pjanic è proprio un ex giocatore della Juventus, ha staccato la spina dopo la firma con il Barcellona; a centrocampo sfasato anche Bentancur, mentre davanti Higuain non è presentabile. Cristiano Ronaldo ci prova su punizione ma è super Lopes. Serve l'episodio. Si materializza con un braccio di Depay che regala il rigore a CR7 che non sbaglia. La Juve si aggrappa al marziano. Capitolo a parte l'arbitro: una mina vagante come sui due rigori (che dice Rosetti cresciuto alla scuola di Collina?).
La ripresa si trascina: i bianconeri sembrano senza forza, ma i francesi non sfruttano i contropiedi. E allora ecco l'uomo che vive per queste partite: Cristiano Ronaldo, che inventa un sinistro strepitoso e porta i bianconeri a un gol dalla qualificazione: sono 67 reti nella gare a eliminazione diretta. Garcia si ricorda di Dembelè, ma toglie Depay. Sarri si gioca la carta Dybala. Ronaldo ha sulla testa la palla delle final eight, ma la alza sopra la traversa.
L'arbitro fa infuriare i francesi che reclamano un rigore. Ma per la Juve è notte fonda quando Dybala si ferma un quarto d'ora dopo essere entrato. Con uno scudetto vinto, c'è l'aria del fallimento nel deserto della casa bianconera.
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