Canta Marquez. È un capolavoro la seconda sinfonia mondiale di Marc Marquez festeggiata nella notte giapponese sulle note di We are the champions al karaoke. Per il trionfo iridato sulla pista di casa Honda a Motegi basta un secondo posto alle spalle di Jorge Lorenzo, ma davanti a Valentino Rossi e Dani Pedrosa, gli unici due che avrebbero potuto rinviare ancora la festa annunciata. Cantante, ma anche samurai Marquez che nel giro d'onore ha ricevuto la katana, la tradizionale spada giapponese, e liberato al cielo il numero uno. Il quarto titolo di campione del mondo: due nella MotoGp e i mondiali in 125 e Moto2.
Il poker è arrivato come per inerzia con tre gare di anticipo. Speciale, ma scontato. Accolto come un dato di fatto, semplicemente la vittoria del migliore. La colpa è solo di Marquez, di quella striscia fenomenale di dieci successi di fila in una stagione con cui ha eguagliato miti del calibro di Mick Doohan e Giacomo Agostini. Una volta sfumato il sogno di vincerle tutte, ci ha pensato davvero, l'extraterrestre è come se fosse tornato umano. Nella sinfonia ha piazzato due stecche, come solo i grandi tenori possono fare. Una volta perché attirato nella trappola da Valentino Rossi nella sua Misano, l'altra per un banale errore. Dunque il cannibale per una volta ha rivelato la sua natura umana. È successo anche a Motegi, dove la Honda gli ha chiesto di vincere il mondiale. Ha sentito la pressione nella pole più brutta dell'anno. Si è chiuso nel box al sabato, saracinesca abbassata con largo anticipo. Lui e tutto il mondo fuori. Ad aspettarlo, re per forza. E per la seconda volta ha fatto il calcolatore, l'altra a Valencia 2013 terzo e iridato, badando solo alla matematica mondiale senza inseguire la vittoria.
Tradendo per una volta la sua natura, abituato a rischiare sempre perché per lui c'è solo il numero uno. Così apre un'era, sulla quale molti scommettono. Questo ragazzo dal sorriso contagioso, in due anni nella classe regina ha collezionato record di precocità e di risultati, novello Valentino cresciuto nel mito del Dottore. Lo ha studiato, lo ha imitato e l'ha battuto. E il secondo titolo è reso grande anche dal ritorno alla competitività di Rossi che anche ieri ci ha provato fino all'ultimo a dargli fastidio. Una cavalcata iniziata tra le polemiche, per quella gamba fratturata in allenamento. In Qatar si è presentato con un solo vero test invernale. Ha vinto da zoppo, un messaggio per gli altri e con il senno di poi, mondiale finito ancora prima di iniziare. Una prima parte di stagione perfetta, la seconda quasi a vivere di rendita dopo aver vinto in tutti i modi: per distacco, in volata, nel corpo a corpo, in rimonta, sul bagnato e sull'asciutto. Per trovare dei punti deboli bisogna inventarli.
I punti di forza, invece, si sprecano. Uno su tutti, la famiglia. La saga dei Marquez, nell'anno di grazia 2014, potrebbe trasformare il motomondiale in una sorta di monarchia. Nel giorno di Marc II, Alex in Moto3 piazza probabilmente l'allungo decisivo per vincere il suo primo mondiale. Non è un caso che papà Julià faccia quasi più festa al piccolo di casa, anche perché già vede realizzarsi la sua profezia: «Ne vedrete tante di doppiette dei Marquez». Il dominio avrebbe potuto essere totale se davvero Marc avesse corso in Moto2 a Valencia. La tentazione c'è stata, forte. Ha prevalso la ragione. Perché l'extraterrestre ha anche cervello, quello che gli ha consigliato di non andare oltre il limite.
Gli basta sapere che il suo dominio sulle due ruote non sembra avere confini. Quel casco colorato di oro, indossato nella passerella d'onore è la corona di un re destinato a dominare a lungo. Ce l'ha scritto nel Dna: è solo l'inizio della storia del re dei record.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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