Sorride disponibile e sereno, sembra impossibile che questo signore che taglia oggi il traguardo dei 70 anni, sia stato uno degli sportivi - in questo caso ciclisti - più voraci di tutti i tempi, tanto da essere chiamato "il Cannibale". Voleva tutto e sempre, Eddy Merckx. Non amava lasciare nulla agli avversari, nemmeno la corsa del paese. L'ha sempre raccontato Felice Gimondi, suo acerrimo rivale: «Eddy aveva un senso del dovere smisurato. Anche nelle "kermesse" che si correvano in quegli anni dopo il Giro o il Tour, voleva sempre vincere. Ricordo che mi diceva: "Questa gente è qui perché mi vuole vedere vincere e gli organizzatori mi hanno pagato più di tutti perché si aspettano da me qualcosa di grande". E con questo, ci lasciava le briciole…».
Eddy Merckx oggi è un signore che porta a spasso la sua storia con eleganza e sobrietà. Stringe mani, firma autografi, accetta di posare per fotografie e "selfie" di ogni tipo. Lo incontriamo in occasione della gran fondo Eddy Merckx, che da sette anni Federico Zecchetto e Alessia Piccolo organizzano in suo nome sulle strade veronesi e trentine.
«Io più forte di Fausto Coppi? No, non scherziamo - si schermisce la Leggenda -. Questi paragoni sono davvero improponibili da fare e soprattutto sbagliati. Ognuno di noi è il più bravo nel proprio periodo. Io penso di essere stato molto bravo nel mio, mentre Coppi lo è stato certamente nel suo».
Merckx è un uomo consapevole della storia che rappresenta, ma nonostante la sua mole, parla di se con assoluta leggerezza. «Se si valutano i numeri (525 vittorie in carriera, ndr), credo che ci sia poco da ragionare, sono lì da vedere: ho vinto come nessun altro. Ma credete davvero che Felice Gimondi sia stato semplicemente il primo dei battuti? No, Felice è stato molto più grande di quanto voi italiani pensiate. So solo io la fatica che ho dovuto fare per togliermelo di ruota, anche se quando l'incontro ancora oggi Felice mi dice scherzoso: "mi hai fatto sputare il sangue, non mi sono ripreso ancora adesso"».
Gimondi è l'Italia, e per il grande Eddy il nostro Paese occupa un posto speciale nel suo cuore. «Nel vostro Paese ho vissuto la prima grande gioia - spiega la Leggenda -, vincendo a soli 20 anni la Sanremo del 1966, la prima grande vittoria della mia carriera. Ho corso tre anni con la Faema e sei con la Molteni. Devo tanto a Fiorenzo Magni, che mi ha aiutato a venire da voi, ma anche a Vincenzo Giacotto, uno dei più grandi manager che io abbia mai conosciuto e che mi fece firmare il primo contratto italiano alla vigilia del Mondiale di Herleen.
Vigna, Adorni, Zilioli e Motta sono ancora oggi grandi amici. Così come Ernesto Colnago, mio impareggiabile meccanico. Ma devo tantissimo anche a Giorgio Albani, il tecnico che mi guidò alla Molteni: il più bravo di tutti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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