Messi traina l'Argentina e raggiunge Neymar

Con la doppietta alla Nigeria sale in vetta alla classifica cannonieri con 4 gol: "Stiamo migliorando e sentiamo tutto il calore dei nostri tifosi"

 L'Argentina vola con Messi
L'Argentina vola con Messi

Ci sono gli attaccanti, più o meno bravi. E poi c'è Messi. Semplicemente e straordinariamente Messi. Il quale, anche contro la Nigeria, prende per mano l'Argentina e la porta dove vuole: segna dopo 150“ ribattendo in rete una respinta del portiere Enyeama, trotterella qua e là per il campo lasciando la scena a Di Maria (splendido pure lui) dopo che gli africani avevano trovato il pareggio con una perla di Musa e poi si riprende il palcoscenico sul finire del primo tempo. Due punizioni: sulla prima fa bella figura il portiere del Lille, sulla seconda la palla si infila dolcemente all'incrocio. Ecco: tre perle in quarantacinque minuti rendono subito il match di Porto Alegre più che godibile, tra due squadre cui sarebbe bastato il pareggio per passare il turno a braccetto. Lo spettacolo sarebbe poi proseguito anche nella ripresa: secondo gol di Musa - esterno di quelli che in Italia si sostiene non esistano più, quando invece basterebbe saperli trovare visto che il buon Ahmed, 22 anni ancora da compiere, gioca nel Cska Mosca essendo costato cinque milioni di euro -, nuovo vantaggio argentino con Rojo prima della standing ovation concessa alla Pulce. A quel punto mancava poco meno di mezzora alla fine, la Bosnia era in vantaggio sull'Iran e, insomma, entrambe le formazioni potevano cominciare a pensare agli ottavi di finale: Albiceleste prima, Nigeria seconda e tutti contenti. Con Messi che si è fatto un bel doppio regalo per il compleanno festeggiato martedì, arrivando a quota dieci gol (quattro in questo Mondiale, come Neymar) nelle ultime otto partite in nazionale per fare felici le migliaia di connazionali arrivati a Porto Alegre: è una squadra sufficientemente solida, l'Argentina: magari non sempre impeccabile nei due centrali difensivi, ma comunque più compatta rispetto alle prime due uscite e con un Di Maria degno compare del fuoriclasse con la maglia numero dieci.

Il quale, a distanza di venti anni esatti dai Mondiali negli Stati Uniti, ha raccolto nel migliore dei modi il testimone di Diego Armando Maradona: la Nigeria era stata infatti l'ultima squadra affrontata dal campione argentino, poi sottoposto al controllo antidoping e squalificato per l'utilizzo di efedrina. Fu un giorno pazzesco, quello, capace di mettere a soqquadro non solo i Mondiali ma l'intero mondo del pallone: gli argentini tornarono a casa a testa bassa, in Bangladesh scesero addirittura in corteo per protestare l'innocenza di Diego, un bambino israeliano cominciò lo sciopero della fame e si parlò di complotto della Fifa affinché il Brasile vincesse il Mondiale (come poi avvenne) nell'ultimo anno di reggenza del brasiliano Joao Havelange. Suggestioni o leggende che fossero, così è andata e ieri ricorrevano i venti anni esatti da quel fatto: Messi, che è tipo tutto diverso da Maradona per quel che riguarda l'extracalcio, si è caricato la squadra sulle spalle e ha regalato al suo popolo un 25 giugno del tutto differente da quello di cui sopra: «Continuiamo a sognare - ha detto alla fine -. Stiamo migliorando, anche noi attaccanti abbiamo capito di dovere aiutare di più i nostri compagni.

Il tifo? Splendido, sentiamo tutto il calore possibile. Andiamo avanti». Intanto è arrivato a 90 presenze, una sola meno di Diego: i gol sono già di più (42 contro 34) e adesso non resta davvero che proseguire su questa strada.

Magari non sarà mai amato come quell'altro e i motivi sono svariati: se però trascinerà l'Argentina sul tetto del mondo, per di più in Brasile, si moltiplicheranno all'inverosimile bandiere e striscioni raffiguranti il suo volto al posto di quello del Cristo di Rio. «Non c'è nessun problema se qualcuno sostiene che siamo Messi dipendenti - ha ammesso il ct Sabella -. Chiunque avesse un giocatore così, sarebbe nella nostra stessa condizione». Appunto: beati loro che ce l'hanno.

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