Da Milano a Napoli schiacciati dal pallone

Torino ha appena riconquistato la A con il basket dopo 22 anni Ma sotto la Madonnina l'hockey si arrende. Roma la più polisportiva

Il sole di Torino, dove hanno riportato dopo 22 anni in serie A di basket la Manital che ora torna ad essere la gloriosa Auxilium, stradominato con la Juventus e vinto lo scudetto primavera con il Toro, per gli altri riflettori spenti. La nebbia di Milano, il vuoto di Roma, l'acqua scura di Napoli. Povere metropoli dello sport che guardano con invidia le piccole cattedrali di provincia, hanno stadi tutti da rifare, palazzi dello sport deserti, fatiscenti o fuori porta dove sei ostaggio dell'incuria e del posteggio selvaggio.

Pochi progetti, molto confusi con società e assessorati allo sport che hanno sposato la filosofia di Taylor Barnum, il re del circo, convinti che nelle loro città ci siano al massimo cento persone che capiscono su mille, e per questo ritengono giusto, ecco la malvagità, lavorare per gli altri novecento.

Diceva un famoso allenatore di basket universitario americano di non lasciare che ciò che non sei in grado di fare interferisca con quello che sai fare davvero. A Milano, nell'anno orribile del grande sport, zero titoli, a parte lo scudetto della Quanta nell'hockey in line, non devono aver ragionato su questa massima californiana. Il passato calpestato con scarponi malandati, ma la cosa triste è che mentre Milan, Inter ed Emporio Armani stanno cercando campioni per rifare le loro armate, le altre realtà sportive della città senza impianti decenti, col metrò arrivato San Siro nell'anno in cui si pensa di costruire uno stadio di calcio nuovo, vagano nel vuoto. L'ultima dolorosa rinuncia alla serie A è quella dell'hockey su ghiaccio che ha vinto abbastanza per meritare aiuti, ma ora vede le sue piste diventare acqua, non parliamo del baseball e del rugby anche se, finalmente, è stata trovata un'area all'idroscalo per ricreare qualcosa di serio.

Se Milano piange, non parliamo di Roma che avrebbe tutto, ma non imprenditori giusti, a parte quelli del calcio, con il padrone della squadra di basket che come ogni estate mette in vendita la società, in una città che non ha più la pallavolo di vertice e poco rugby anche se il Sei Nazioni, giocato nell'Olimpico ceduto a malincuore, avrebbe dovuto fare da traino.

Per Napoli la vita vera del grande sport è soltanto nella pallanuoto e, in parte, nel calcio. Per il basket sono più i fallimenti delle rinascite e ogni volta che si costruisce una squadra nuova a metà stagione i conti sono già in rosso.

Una Nazione sbilenca anche nello sport, chi ha gli impianti non ha le squadre, chi pensa al vivaio viene depredato prima che i talenti crescano davvero. Certo Torino sembra un'isola fortunata anche se ha perso la grande tradizione della pallavolo che ci ha dato campioni e grandi allenatori. Due stadi di calcio, tre palazzi dello sport, nessuna squadra di baseball o di hockey nella massima serie, eppure l'Olimpiade invernale aveva risvegliato tante passioni per gli sport del ghiaccio.

La cosa buffa è che tutti riconoscono il successo di uno sport soltanto se le grandi metropoli sono in competizione, ma si brancola nel buio se pensiamo alla splendida stagione calcistica di Genoa e Sampdoria, al buon campionato della Fiorentina, ma nelle loro città gli altri sport sono in un vicolo da disperati. Sembra risollevarsi Bologna, che dopo aver avuto il grande basket, il calcio ai massimi livelli, vince qualcosa soltanto nel baseball, anche se la luna è girata e il Bologna football club è tornato in serie A, mentre nel basket la Virtus pluriscudettata ha fatto finalmente i playoff e la grande nemica Fortitudo, due titoli, tante finali anche europee, è appena risalita dal limbo in A2.

Spariti o quasi i mecenati, abortiti i progetti meravigliosi delle polisportive, non si sa davvero come andare avanti almeno negli «sport minori». Si trovano vie diverse con un consorzio, ma servirebbe altro, aspettando leggi diverse fra sport veramente professionistico e il resto.

Segui il denaro dicevano i vecchi agenti segreti, anche se poi quando arrivano davvero i soldi, come è capitato al nostro rugby che perde su tutti i fronti, spazzato via nelle giovanili e nelle coppe europee, tenuto sempre appeso al cucchiaio di legno con la Nazionale maggiore, si scopre che non c'è più sintonia fra chi va in campo a farsi tormentare le ossa e chi mette a bilancio milioni con la televisione e vorrebbe pagarti in base ai risultati che ottieni, anche quelli impossibili come sanno bene i dirigenti.

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