Presi come siamo a controllare ogni millimetro che separa il Vale nostro dal podio, dal secondo gradino, dalla vittoria, presi e affascinati come siamo dalle belle cose che questo meraviglioso highlander delle corse sa scodellare, capita spesso ma non volentieri di scordarsi degli altri ragazzi di casa. Dei due Andrea della Ducati, il Dovi ieri terzo a Le Mans dietro alle Yamaha e Iannone l'uomo-scommessa della Casa di Borgo Panigale diventato la più bella sorpresa di questo mondiale: quinto dopo duello finale lungo tre meravigliosi giri tutti dolore e sofferenza e coraggio contro quel mostro di Marc Marquez. Andrea Iannone che ha perso e vinto al tempo stesso quella sfida, visto che ha corso con una spalla lussata solo una manciata di giorni prima.
Per colpa del Vale Rossi di nuovo a podio - stavolta secondo e però sempre primo in classifica nonostante il bis vincente di Lorenzo -, oltre a sottovalutare le gesta del duo ducatista, rischiamo di ignorare o quasi quanto di buono accade nella classi inferiori: vedi Fenati vittorioso davanti a Bastianini e Bagnaia, vedi il loro duello duro e puro e cattivo in Moto3.
Ma tant'è, meglio incorrere in qualche trascuratezza da abbondanza di emozioni e ambizioni piuttosto che eccitarsi per il podio di qualche italiano sparso qua e là per le classi come avveniva negli ultimi, avari, anni. Stagioni con il Vale depresso in Ducati o con il Vale che doveva riprendere confidenza in sella alla Yamaha. Meglio così anche perché dentro e nel cuore di Lorenzo che dice «è una vittoria molto importante per il mio campionato», o di Rossi che gioisce sincero «ho rischiato con una modifica all'ultimo e dopo il warm up per un secondo posto avrei firmato con il sangue», o del Dovi in lotta per il titolo che sperava comunque di più, o di Marquez che ammette «con la pista più calda la moto è cambiata e ho iniziato a pensare a quella dopo», ecco, dentro tutti loro si fa strada una nuova consapevolezza: quella di essere attori protagonisti del campionato più bello degli ultimi 20 anni. Più bello dei mondiali ingordi e a ripetizione di Mick Doohan che dopo poco, perso per strada un rivale come Kewin Schwantz, si ritrovò a combattere contro i Crivillé e i Barros. Prova ne è che quando arrivò Max Biaggi, anno 1998, pronti e via vinse la prima gara e ruppe le scatole all'australiano tutto l'anno e ci vollero le bandiere nere di Barcellona per disinnescare l'ostico romano. Più bello di quelli del Vale che una volta se l'è vista con Biaggi, un'altra con Stoner, un'altra con Lorenzo, ma con tutti insieme agguerriti no. Lo sa bene anche lui che non a caso ieri ha gioito per un secondo posto come fosse una vittoria. E lo sa Jorge, ragazzo introverso e intelligente che ha compreso di avere alla portata l'unico modo per dimostrare a tutti il proprio valore: cioè battere insieme il Rossi più in forma degli ultimi anni e fenomeno Marquez. Lo sa anche lo stesso Marc alla ricerca com'è della certificazione dei suoi successi a ripetizione. E con lui lo sa il Dovi, conscio che solo vincendo qualche Gp e rendendo dura la vita a quei tre potrà essere ricordato come un grande pilota e non un volenteroso mestierante della sgasata.
Il concetto di un campionato capace di consacrare il proprio vincitore più di tanti altri mondiali è talmente chiaro ai grandi della moto che persino Casey Stoner, tra una battuta di caccia e una derapata sugli sterrati, quest'anno ha provato di tutto per tornare. Ma avere anche lui a combattere in pista sarebbe stata davvero troppa abbondanza. Però, a pensarci... perché no?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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