Dopo una serie di discutibili invenzioni (Seedorf, Inzaghi e Brocchi) e un tentativo (Mihajlovic) di restuarazione mal riuscito, ecco il ritorno alla tradizione più autentica del Milan berlusconiano. All'alba del cambio di proprietà, poco prima di cedere il passo al fondo cinese, è arrivato al timone del team Vincenzo Montella cui non c'è bisogno di affidare la missione di coniugare risultati e bel gioco perché è questa la sua cifra professionale documentata dalle prodezze con la Roma del dopo Ranieri, del Catania (11° posto) e della Fiorentina rivoluzionata e per tre volte giunta 4ª. "Tre anni negativi in trenta strepitosi si possono tollerare, non di più" è l'incipit di Adriano Galliani, al comando delle operazioni societarie e di mercato, anche se con la formula della condivisione con l'uomo del fondo, Nicolas Gangikoff: "mi sto adattando a questo ruolo".
"È inaccettabile che il Milan stia fuori dalle coppe" è il mantra di Vincenzo Montella, napoletano mite e silenzioso, sbocciato al calcio per merito del primo squadrone firmato Sacchi, "quello che mi ha fatto innamorare" la confessione tenera. Ecco un altro punto da segnalare subito: in materia di calcio, società e tecnico parlano davvero la stessa lingua, senza bluff o discorsi di facciata. Perciò mercoledì sera Montella è salito ad Arcore con Galliani per ricevere la benedizione del padre spirituale di questo Milan. "È stata un'emozione grande perché il presidente ha cambiato la storia del calcio italiano, prima di lui si giocava solo col catenaccio, e così ha fatto innamorare i ragazzini dei paesini del sud come me. Si fa fatica a pensare a un Milan senza di lui", il resoconto dell'incontro organizzato per fissare le strategie del mercato su cui Galliani è già a buon punto.
Su Pjaça c'è una evidente ipoteca, l'argentino Sosa (31 anni) è in arrivo dal Besiktas, Verdi (dopo Simic finito in Belgio) è in partenza per Bologna, De Sciglio confermatissimo ("mai chiesto dalla Juve, solo il Napoli l'ha fatto ripetutamente" dixit Galliani), Bacca "ha molto mercato" a sentire Montella che s'è detto interessato invece dalle qualità di Niang mentre ha smentito "la telefonata a Borja Valeiro" oltre che la pista Papu Gomez. Perciò Vincenzo non s'è sposato con un solo modulo statico ("difesa a 4 sicuro"), ha fretta di conoscere il gruppo già al lavoro a Milanello e farsi conoscere per "trasmettere l'idea di gioco", un concetto che ritorna puntualmente appena si accenna al deficit di personalità tradito dai rossoneri nelle passate edizioni. "Si può sopperire col gioco e con le sicurezze tattiche": sembra di ascoltare il mantra dell'Arrigo. "L'esperienza alla Fiorentina dove cambiammo 18 giocatori arrivando quarti è quella che mi ha procurato la maggiore soddisfazione da allenatore" il punto di riferimento. Anche a Milanello è pronta un'altra rivoluzione: non sono sicuri 18 nuovi arrivi ma con le partenze siamo già a quota 8.
Misurato, pacato, pronto alla battuta ("Mihajlovic disse che dopo di lui ci voleva l'esorcista? Eccomi"; "Mancini da calciatore è sempre stato altruista, mi lasciava segnare alla Samp, spero lo faccia anche a Milano"; "Cosa posso dare in più dei miei predecessori? Forse niente"), si è congedato con eleganza dalla Samp ("mi hanno autorizzato per iscritto a parlare col Milan") e sulle voci di una candidatura azzurra è stato netto, "mai contattato da Tavecchio o altro dirigente, solo chiacchiere".
Anche il futuro di Galliani è scritto. "Sarò ad fino al cloosing, poi prenderò decisioni in accordo con Silvio Berlusconi cui mi lega un rapporto di 37 anni, una vita intera: qualcosa da fare troverò" la frase che ha fatto pensare a un possibile distacco dal Milan. Ne discuterà con i responsabili del fondo che lo vogliono in società a occuparsi di rapporti istituzionali e area tecnica.
Ancora più chiaro il futuro ipotizzato per il Milan di Montella. "La Juve, con l'allenatore e i giocatori giusti, nel giro di un anno è passata dal settimo al primo posto. Se è successo una volta si può ancora ripetere" è la luce che gli si vede negli occhi.
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