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È un motomondiale di storie. Nozze d'argento per Vale

Rossi rinnova fino al 2020: 25 mondiali. Ma pure il sogno di Dovizioso, l'incubo di Lorenzo e il sorriso di Marquez

È un motomondiale di storie. Nozze d'argento per Vale

È il mondiale delle storie quello che oggi accende i motori in Qatar. Storie belle in quanto umane, per cui imperfette. Non è cosa da sottovalutare. Perché non è vero che lo sport regali spesso storie. Il calcio di alto livello è ormai avaro, la F1 neppure a parlarne. Resistono solo le olimpiadi, da sempre collage di sport minori e sorgente di storie di perfetti sconosciuti che emozionano l'anima. Per questo il motomondiale è unico. Perché fra i grandi sport è rimasto l'unico ancora in grado di raccontare vere storie. Perdipiù di perfetti conosciuti.

Prendiamo il Vale Rossi. È nel quarantesimo anno di età e ieri ha rinnovato per altri due. Una storia infinita, la sua. Con questa faranno ancora tre stagioni in pista, 21 anni di classe regina, 25 di mondiale. Dice: «Continuo perché andare in moto mi fa star bene». Parole preziose. Nello sport, nella vita, persino nell'amore. E che cos'è la storia di Vale Rossi se non una lunga dichiarazione d'amore verso la moto? Storia bella benché lui sappia bene che ci sarà da sudare. Il secondo tempo negli ultimi test proprio in Qatar ha detto che telaio ed elettronica sono migliorati, ma non abbastanza il grip che nel 2018 l'aveva tormentato. Storia bella anche se siamo più preoccupati noi di lui, convinti come siamo che non la conti giusta, che Rossi si ostini a correre per andare a prendere quel decimo titolo quasi si fosse trasformato nel suo cartone preferito, quello di Wile Coyote che insegue Beep Beep-decimo mondiale. Quasi non sapesse cos'altro fare. Tranquilliziamoci. «Corro per non avere rimpianti», dice lui. Non è dunque, come per altri grandi campioni, il futuro a preoccuparlo. Anzi, lui il futuro l'ha già impostato, creando un'azienda di merchandising; e una scuola che sforna piloti; e un team che li fa correre; e da domani uno di questi suoi ragazzi, il neo campione del mondo Moto2, Franco Morbidelli, se lo troverà persino in mezzo ai piedi. Prendiamo il Dovi. La sua è una storia romantica, quasi commovente. A fine marzo compirà 32 anni. Per l'intera carriera l'abbiamo più o meno tutti ignorato presi come eravamo dietro a Valentino e a tutti coloro che ce lo ricordassero. L'anno passato, ingaggiato Lorenzo dalla Ducati, Dovizioso per restare era stato costretto a ridursi lo stipendio. Ha risposto, umiliando lo spagnolo in pista con sei vittorie, il titolo di vice campione e sfoderando quella sua normalità vincente che nel mondo di eccessi e apparenza in cui viviamo l'ha reso personaggio suo malgrado. Dice che «la soddisfazione più bella è stata emozionare rimanendo me stesso». Possiamo credergli. Cosi come quando ora ammette che «la Honda ha qualcosa di più, ma questa è la mia Ducati migliore di sempre». Durante l'inverno aveva chiesto più guidabilità a centro curva. Accontentato. È pronto a scrivere un'altra bella storia. Già da domenica, vista la serie di secondi posti in Qatar.

Altra storia è quella di Jorge Lorenzo. Antipatico ai tifosi. Nemico giurato di Rossi. L'anno scorso non ha mai aiutato Dovizioso in lotta per il titolo. Come Valentino è passato da Yamaha a Ducati e come Valentino ha fin qui fallito. Nei test invernali è sempre stato in difficoltà. Ora dice: «Preoccupato? No, ossessionato». Salvo imprese, gli toccherà ridursi lo stipendio per far aumentare quello del Dovi.

Infine Marc Marquez. La bellissima storia di un pilota ragazzino arrivato nel motomondo con un sorriso da Joker e che di quel motomondo ha spostato in avanti i limiti. Dice che la sua Honda campione 2016 e 2017 è adesso ancora più docile da gestire. Ci ha avvisati.

Facciamocene una ragione: il mondiale al via potrebbe non avere storia.

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