Non è ispiratrice. Ma l'Argentina ha il suo Musa. Un salvatore. L'attaccante nigeriano che con la doppietta all'Islanda ha rimesso (in parte per la differenza reti) il destino nelle mani dell'albiceleste. Grazie a lui il giorno dopo la disfatta contro la Croazia, Messi e Sampaoli scoprono di avere ancora un'ultima occasione. Per salvare la faccia. Per superare almeno il girone eliminatorio. Altri pensieri, sarebbero fuori luogo per quanto visto. Aspettando la resa dei conti gli stracci sono già volati. Simeone in un messaggio whatsapp ha inquadrato la situazione: «Da quattro anni regna l'anarchia». Dalla Federazione alla squadra. C'è da giurare che il Cholo saprebbe rimettere ordine.
Forse avrebbe qualche problema anche lui in campo. Perché Modric e compagni hanno di fatto esaltato la pochezza dell'Argentina. A partire dal capitano che per il suo compleanno, domenica festeggerà 31 anni, ha ricevuto un regalo in anticipo. Inaspettato. Ma in questo momento non ha né la condizione fisica né mentale per scartarlo, per recitare il ruolo del leader, comunque non lo è mai stato in nazionale. Si è vociferato che non stesse bene, anche per via dei suoi trascorsi: uno su tutti, il vomito nella finale mondiale di quattro anni fa. Le cifre avvalorano la tesi perché Leo non ha corso, non ha inventato e il suo sguardo perso all'inno si è rivelato più di una premonizione.
Una pulce che rischia di affondare con il suo clan, che indirizza le scelte delle convocazioni e delle formazioni, vittima anche lui del pressapochismo di Sampaoli, messo alla berlina in patria. Un ct impresentabile non solo nel look. Dall'Islanda alla Croazia non ha indovinato una mossa. Ha tolto Biglia, ma non ha messo Banega lasciando il centrocampo in balia di mediocri mestieranti. Ha insistito su Aguero, l'ha sostituito e il Kun l'ha scaricato a fine partita. Si è ricordato di Higuain e Dybala solo quando è stato impossibile non farlo. Per non parlare della scelta di Caballero incomprensibile ben prima della papera alla Karius. A Sampaoli non resta che raccogliere i cocci, rimettere in piedi una squadra. Si è parlato di esonero, del mitico Burruchaga al suo posto, ma a questo punto sarebbe una mossa dagli effetti imponderabili. Meglio mettere il ct sotto-tutela in modo che non faccia altri danni inenarrabili.
C'è una generazione di calciatori che ha l'ultima occasione per non chiudere nel peggiore dei modi. Dieci anni dopo la finale olimpica vinta a Pechino, proprio contro la Nigeria. C'erano Di Maria, Mascherano, Aguero e ovviamente Messi. E anche un certo Fazio, altro dimenticato in una difesa che fa acqua da tutte le parti.
È un cerchio che si chiude. Ma non vale più lo schema Messi e altri dieci. C'è bisogno di una squadra. Da trovare entro martedì, un'impresa se non hai il gruppo unito. La qualificazione al Mondiale in extremis è stato un campanello d'allarme inascoltato, la lezione della Spagna con il clamoroso 6-1 di marzo un segnale non raccolto.
Sampaoli e Messi, Messi e Sampaoli. Due uomini soli al comando. Con un regalo inaspettato da scartare. Senza dimenticare che a novembre la Nigeria ne fece quattro all'Argentina. E Musa da salvatore può sempre trasformarsi in giustiziere.
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