Al passo dello Stelvio ci sono doppie code chilometriche per prendere uno skilift e fare due curve in uno di questi giorni di sci autunnale inatteso e perfetto; a Cervinia è caduta fino a quota 2500 la prima neve, ma brucia ancora la cancellazione della tappa di coppa Mondo, ufficializzata quest'anno, dopo due stagioni di super lavoro e tentativi vanificati, una volta, per poca neve e l'altra per tempesta. Il cambiamento climatico esiste e soprattutto non viaggia in modo prevedibile. «Siamo ad un bivio» ha detto Johan Eliasch, presidente della Fis, federsci internazionale e neocandidato a sostituire Thomas Bach ai vertici del Cio. Lui, natali svedesi, passaporto britannico ha sempre lavorato su due stagioni: il marchio Head produce racchette da tennis e sci, ma dal 2021, Eliasch ha mollato tutto e in lui è prevalso l'impegno istituzionale. «Il cambiamento climatico è una minaccia esistenziale per gli sport invernali»: per questo è stata siglata una collaborazione con Omm, l'Organizzazione meteorologica mondiale, con l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sul futuro incerto del comparto sport invernali e turismo.
È la prima volta che un'agenzia delle Nazioni Unite collabora con una Federazione sportiva per fare quadrato contro un nemico comune. Il ricordo dell'ultima stagione di winter sports, a meno di due settimane dal gigante di apertura della prossima annata del Circo Bianco, mette i brividi. E non di freddo: su 616 gare di coppa del Mondo, in 166 località, 26 sono state cancellate per motivi meteorologici, in maggioranza proprio nello sci alpino. Il risultato dello studio condotto da ricercatori francesi e austriaci, pubblicato su Nature nel 2023, è allarmante. Delle 2.
234 stazioni sciistiche analizzate in Europa, il 53% rischia di non avere più neve con soli 2 gradi in più, percentuale che sale al 98% se l'aumento fosse di 4 gradi. Dal 1850 i ghiacciai hanno perso il 60% del loro volume e sotto gli 800 metri di quota, i giorni di nevicate in 50 anni si sono dimezzati, trasformati in pioggia.
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