Nadal suona la nona nella "sua" Parigi. Djokovic s'inchina

Lo spagnolo trionfa in quattro set. Djokovic crolla alla distanza tra febbre e qualche fischio

Rafa Nadal si è confermato il n.1 sulla terra rossa
Rafa Nadal si è confermato il n.1 sulla terra rossa

Piange anche Nole Djokovic. E il tennis, giocato a ritmi pazzeschi, quasi da videogames, torna ad avere una connotazione umana. Il serbo, complice una febbriciattola, non ce l'ha fatta ad arginare lo strapotere di Rafa Nadal, conquistare il Roland Garros e tornare in vetta al ranking. Ci poteva stare. In fondo aveva vinto con autorità le ultime quattro sfide a Pechino, Londra, Miami e Roma. Ma non aveva fatto i conti con il maiorchino che da queste parti è il re e non ha alcuna intenzione di abdicare. Nadal, al quale prima o poi consegneranno le chiavi di Parigi, s'è aggiudicato in un pomeriggio torrido, con temperature attorno ai 30 gradi, gli Internazionali di Francia per la nona volta, la quinta consecutiva, e ha eguagliato i 14 slam di Pete Sampras. In dieci edizioni ha perduto solo una partita, per mano di Soderling, negli ottavi del 2009. Chissà mai se in questo secolo ci sarà un tennista capace di fare meglio di lui sulla terra rossa del Roland Garros. Le scommesse sono aperte. Nella finale di ieri ha schiantato in 3h e 31' la resistenza di Djokovic con il risultato di 3-6 7-5 6-2 6-4.

Eppure il serbo aveva iniziato benissimo il duello giocando a ritmi elevatissimi e cercando il dritto di Nadal per aprirsi il campo dall'altra parte. La tattica - studiata con Becker, il suo coach, davanti a una scacchiera - ha funzionato fino al 5-5 del secondo set. Da quel momento il maiorchino ha cominciato a suonare la nona schiantando l'avversario sul piano fisico e conquistando, fate attenzione, 14 game a 6. Un parziale mostruoso. Nell'ultima ora erano entrambi in affanno per la calura, gli scambi lunghissimi, la concentrazione al diapason. Roba da spaccare la testa. Ma Nadal ha cavato dal suo fisico quel residuo di energie per portare a 23 i successi sul rivale in 42 incroci. Un mostro di volontà, non solo di applicazione e di talento. «Doveva chiudere al quarto set - ha confessato lo zio Toni, suo mentore - per evitare il pericolo dei crampi che cominciava ad affacciarsi e avrebbe creato un serio problema in un eventuale quinto set». Djokovic l'ha aiutato con un doppio fallo finale che ha imputato al pubblico e non ha mancato di rimarcarlo con il pollice alzato. Figuratevi i fischi. Immeritati. Al pathos va concesso qualche alibi.

In precedenza era finita male la finale di doppio femminile, la terza consecutiva in Francia, per Sara Errani e Roberta Vinci che puntavano al Grande Slam dopo il successo all'Australian Open. La prospettiva è rimasta allo stato d'intenzione. E la romagnola s'è commossa durante la premiazione. Troppo forti la cinese Shuai Peng e la taiwanese Su-Wei Hsieh, vittoriose per 6-4, 6-1 in appena 74 minuti. O troppo malandate le azzurre in debito di energie fisiche e nervose? La ragione probabilmente sta nel mezzo. Il match è praticamente finito al settimo game quando le asiatiche hanno preso il largo conquistando 9 degli ultimi 10 game.

Ma non si può pensare di portare a casa uno slam, sarebbe stato il quinto in sette finali, mantenendo solo un turno di battuta con la Vinci. Più che di allenamento Sara e Roberta hanno bisogno di rigenerarsi per presentarsi con le batterie cariche a Wimbledon.

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