Riavvolgendo il nastro dell'incredibile serata del Camp Nou, con una remuntada mai realizzata nei 185 casi precedenti (il Real Madrid e il Partizan Belgrado ribaltarono in Coppa Uefa 4 gol di scarto ma partendo da almeno una rete segnata in trasferta), basta fermarsi agli ultimi sette minuti della partita. Che hanno cambiato la storia della Champions e del Barcellona, ma soprattutto quella di Messi e di Neymar. Una volta la Pulce era il protagonista principale dei grandi risultati blaugrana, tanto che al Barça dei marziani era sempre associato il nome dell'argentino. Con il Psg è stato invece uno dei comprimari: ha sì indotto all'errore la difesa francese nell'azione da cui è nato l'1-0 e ha trasformato il penalty del 3-0 (11° gol nella presente edizione di Champions, il 94° totale nella competizione), ma nel finale da favola non ha messo il suo piede. Nel sistema adottato da Luis Enrique, il 3-3-4 che anche Guardiola usava nell'ultimo anno in Catalogna, l'obiettivo diventa quello di andare uno contro uno con la difesa avversaria, permettendo a Messi di correre il meno possibile in fase di non possesso. E agire quindi per vie centrali in quella offensiva, in una sorta di «falso dieci».
Oggi il migliore e il più decisivo in casa catalana è il brasiliano Neymar. Aveva vissuto finora un 2017 altalenante dopo il luccicante oro olimpico a Rio che doveva essere il preludio di una stagione importante, gli sono bastati sette minuti magici per spaccare la gara e cancellare due mesi e mezzo non certo indimenticabili. Tre le giocate, diverse ma letali per i francesi di Emery: una punizione da cineteca, un rigore conquistato con astuzia da Suarez e trasformato con la solita rincorsa sincopata, l'assist perfetto a Sergi Roberto, eroe per caso a 20 secondi dalla fine della pazza notte del Camp Nou.
«Qualcosa del genere succede solo una volta nella vita, nessuno credeva potessimo fare sei gol ma ce l'abbiamo fatta. È stata la miglior partita che abbia mai giocato - così l'attaccante brasiliano a un passo dalla 500ª presenza in carriera -. Quando ci crediamo e giochiamo così è molto difficile fermare il Barcellona, questa vittoria vale come un trofeo, abbiamo vissuto la partita come fosse una finale». Oggi come non mai è quindi più il Barcellona di Neymar che quello di Messi. Che sul suo proflo Facebook ha commentato l'impresa dei catalani: «Con sforzo, atteggiamento e voglia, non c'è niente d'impossibile. Sono state impressionanti la prova della squadra e la passione del pubblico». La sua serata è stata meno brillante del solito e se alla soglia dei 30 anni, l'argentino non può definirsi vecchio, forse non è più decisivo come un tempo. E si avvicina a grandi passi l'estate che potrebbe sancire il clamoroso divorzio dal club che lo accolse quando era ancora tredicenne e che lo fece esordire in Liga appena raggiunta la maggiore età.
I bene informati dicono che a luglio la Pulce aveva rifiutato il rinnovo del contratto in scadenza nel 2018, a differenza di Neymar che si è legato ai blaugrana fino al 2021 con un accordo monstre da 25 milioni a stagione e una clausola rescissoria di 250. Il Barcellona, nell'attuale contesto confuso e incerto dopo l'addio annunciato con largo anticipo da Luis Enrique, avrebbe ora offerto a Messi un nuovo contratto da capogiro (si parla di 35 milioni a stagione) visto che per l'argentino iniziano ad arrivare le sirene della Premier e quelle cinesi, con cifre quasi «imbarazzanti» (50 milioni all'anno). Anche se il giocatore ha da sempre dichiarato di voler tornare in Argentina e chiudere nel suo paese natale la sua straordinaria carriera. Persino Moratti ne parla per l'Inter: «Messi in nerazzurro come Ronaldo? Quello non fu un acquisto difficile perché nessuno si aspettava lo prendessimo. Per Leo, invece, non sarebbe facilissimo».
«Il Barcellona mi ha dato tutto, resto finché mi vorranno», disse la Pulce qualche mese fa. Lasciando dubbi sulla sua permanenza alla corte di Bartomeu. Basterà l'eventuale terzo Triplete della storia blaugrana a evitare la fine del matrimonio?
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