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Nibali, un colpo d'autore La prima volta è da sogno

Vincenzo Nibali vince la Milano-Sanremo a braccia alzate dodici anni dopo Pozzato. "Ora sono nella storia"

Nibali, un colpo d'autore La prima volta è da sogno

Sanremo - Sette ore di sbadigli, e poi tutti a bocca aperta. Per quello che Vincenzo Nibali fa. Per come lo fa. E per dove lo fa. Dieci minuti di adrenalina, per un trionfo favoloso: la Sanremo è sua. Sette ore di noia, prima dell'estasi, dell'urlo di gioia, per una vittoria che resterà negli annali, per l'Italia del pedale che era da anni che non vinceva la classica dei fiori e della primavera che è alle porte: da quel 2006, anno di grazia di Filippo Pozzato. E non è nemmeno un caso che a vincere sia stato proprio Nibali, l'ultimo italiano salito sul podio della Sanremo (3°) nel 2012.

Un colpo d'autore, un grido nel silenzio, un boato per lo scatto di un campione assoluto che firma un capolavoro di rara bellezza. «Sono incredulo di quanto ho fatto dice nel dopocorsa un Nibali sognante -. Ho davvero fatto qualcosa d'importante, che resterà nella storia, che ricorderò e guarderò più volte e con calma in tivù. Non mi capacito ancora, sto vivendo un sogno. Un sogno bellissimo». Un sogno sancito dalla telefonata di complimenti di Eddie Merckx, l'applauso del Cannibale allo Squalo.

Un'impresa per un uomo che la Sanremo l'ha costruita e l'ha voluta con forza. Sulla Cipressa ha usato i gomiti per farsi largo per stare davanti; sull'Aurelia si è fatto largo per non perdere posizioni; sul Poggio si è messo subito davanti e poi è partito nel tratto più semplice del Poggio, togliendosi tutti di ruota. Si è gettato in discesa dopo aver scollinato con 12 secondi di vantaggio, ha resistito alla rincorsa di Trentin, ha sfruttato la rivalità tra Sagan e Kwiatkowski, ha dato tutto sull'Aurelia e ha tagliato il traguardo a braccia alzate appena prima dell'arrivo di Ewan e Demare che hanno regolato il gruppo in volata.

La corsa si è sviluppata sulla lunghissima fuga, partita al km 4, e promossa da Mirco Maestri e Lorenzo Rota (Bardiani CSF), Evgeny Kobernyak (Gazprom Rusvelo), Guy Sagiv e Dennis Van Winden (Israel Cycling Academy), Sho Hatsuyama (NIPPO Vini Fantini), Charles Planet (Tea Novo Nordisk), Matteo Bono (UAE Team Emirates) e Jacopo Mosca (Wilier - Selle Italia). Il loro vantaggio massimo è stato di 6'40", ma il gruppo - tirato per oltre 200 km da Juraj Sagan della Bora Hansgrohe, Tim Declercq della Quick Step e Luke Rowe della Sky - non ha mai lasciato troppo spazio. Sulla Cipressa, affrontata ad altissima velocità, non è successo praticamente nulla perché la Groupama FDJ di Demare ha imposto l'andatura per oltre metà salita, rilevata poi dalla Sky di Kwiatkowski. Fin qui la storia della corsa, poi sul Poggio comincia la leggenda di Nibali.

Un colpo d'artista, che lascia senza fiato, per la bellezza del gesto e per l'emozione di un assolo che rischia di evaporare come la pioggia scesa per tutto il giorno sul selciato. Un'azione da autentico fuoriclasse: trasformare una corsa normale, perfino banale, in qualcosa di assolutamente straordinario.

Un capolavoro. Chiamiamolo con il suo nome. La vittoria di ieri è stata un capolavoro assoluto, l'ultimo di una lunga serie. Perché lo Squalo dello Stretto, ad oggi, può dire di aver vinto tutti i tre grandi Giri, due Lombardia, due campionati italiani, due Tirreno-Adriatico, e ora anche la classica più palpitante del mondo. Poteva esserci anche un oro olimpico, perso in discesa a Rio quando già sembrava suo. «Ma la stagione è ancora lunga, correrò per la prima volta il Fiandre, mi piacerebbe vincere la Liegi, e poi c'è il Tour, e il mondiale a Innsbruck», dice.

Fantastico Nibali, l'uomo normale che sa fare cose eccezionali. L'uomo che preferisce esser persona e non personaggio. È sempre lui, non è cambiato, è rimasto quel ragazzo semplice di Sicilia, salito in Toscana per imparare a fare il corridore. Ha imparato bene, Enzo.

Lo chiamano Squalo, ma ieri è stato un drago.

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