
È uno dei corridori più seguiti sui social, con oltre 230 mila follower su twitter. La tecnologia gli è sempre piaciuta e non ne ha mai fatto mistero. Ora, però, il nuovo Ivan Basso, 38 anni a novembre, va alla ricerca di nuove sensazioni.
Va sempre spedito, per la sua strada. Ma oltre alla velocità, che è il suo mestiere da più di venticinque anni, ha scelto di riscoprire anche la lentezza.
«Non ne faccio l'elogio e nemmeno una filosofia, ma è per me una necessità. Si matura, si incontrano persone importanti che ti fanno notare certe cose, o semplicemente sei predisposto per notarle. Persone importanti, grandi sportivi o capitani d'industria che usano sì il computer, i tablet o il telefonino. E magari twittano anche loro, ma con metodo, non in maniera compulsiva. Ecco, dopo anni a tutta velocità, dove le mie mani erano sempre occupate da una protesi elettronica, ora ho riscoperto il piacere di stare a braccia conserte. Con le mani sgombre e la mente occupata da pensieri e riflessioni. Meglio leggere un libro, o ascoltare le persone che ti parlano. Dico cose banali, ma di questi tempi, almeno per me, le cose semplici hanno il valore di una rivoluzione copernicana».
Sei già pronto per fare il mental-coach.
«No, sono ancora corridore e per due anni lo voglio fare al meglio, fin quando correrà Alberto (Contador, ndr ), che alla fine della prossima stagione appenderà la bicicletta al chiodo. Però nel nostro team, che è certamente una delle più forti formazioni del mondo (la Tinkoff Saxo Bank, ndr ) e tra le più attrezzate anche a livello tecnologico, stiamo riscoprendo il gusto del dialogo, della parola. Conoscersi è la scoperta più bella che un uomo possa fare. E non esiste squadra, senza dialogo».
Domani inizi la stagione con la Vuelta Andalusia (cinque tappe): cosa ti aspetti?
«Dalla Vuelta Andalusia di mettere a punto una preparazione che deve dare i suoi frutti per il Giro. Dalla stagione, un Giro da protagonista in aiuto di Alberto, che a maggio viene sulle nostre strade per vincere e poi puntare al bis in Francia».
Dovrà fare i conti anche con il nostro Fabio Aru, il vice Nibali che studia da campione.
«Fabio è giovane e ha tutto per diventare un grande: sarà certamente un osso duro, come tutta la sua Astana. Ma non sarà il solo. Bisognerà stare attenti anche a gente come Rigoberto Uran. Io cosa mi aspetto? Di stare lì con Alberto: più ci sto, meglio è per tutti».
Tu che hai cresciuto in Liquigas il giovane Nibali, pensi che abbia fatto bene a puntare tutto e solo sul Tour?
«Queste sono decisioni che si prendono solo al termine di riflessioni profonde. Vinokourov, Martinelli, Slongo, lo stesso Vincenzo, avranno messo sul tavolo tutto e sono arrivati a prendere questa decisione. Come posso io dire se è giusto o sbagliato, sarei un presuntuoso. Di una cosa sono sicuro, conoscendo Vincenzo lui avrebbe corso tutto: Giro, Tour e Vuelta».
Ti saresti immaginato che Vincenzo arrivasse a vincere quello che ha vinto?
«Era un predestinato, su questo non c'erano dubbi. Era un po' naif, ma anche dotato di classe purissima. Ora so che ha fatto tesoro di tante esperienze ed è un professionista con i fiocchi. Lui, Alberto e Froome sono gli uomini più forti del pianeta per quanto riguarda ii grandi giri».
Cosa differenzia e accomuna Nibali a Contador?
«Entrambi sono imprevedibili. Combattivi come pochi. Estro allo stato puro. Alberto è molto metodico, il Vincenzo che ricordo io molto più istintivo. Ma non so se è ancora così».
Può puntare al bis al Tour?
«Dal 2010 ad oggi Vincenzo quando ha corso un grande giro o l'ha vinto o è finito sul podio. Fa parte della categoria dei fuoriclasse: può fare e ottenere qualsiasi cosa».
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