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Non solo medaglie. Ecco l'Olimpiade dei sogni perduti

Da De Aliprandini in gigante a Sighel (short track) e Wierer-Hofer nel biathlon

Non solo medaglie. Ecco l'Olimpiade dei sogni perduti

Mentre le montagne di Pechino si coprono di neve, quella che di solito cade in cinque anni ieri è caduta in 12 ore, dopo tante giornate a parlare di medaglie vinte, è arrivato il momento di scrivere di quelle perse. Perché l'Olimpiade, per la maggior parte degli atleti, è anche e soprattutto questo: perdere, stare giù dal podio, applaudire gli altri, dirsi andrà meglio la prossima e crederci, continuare a crederci, perché tutti, da quando sei bambino, ti hanno sempre detto che dalle sconfitte si impara più che dalle vittorie. Crederci. Riprovarci. Lo ha fatto Marco Odermatt, riuscito finalmente a spezzare il tabù medaglia a un grande evento andando a prendersi, dopo il fallimentare mondiale 2021 e le prime due gare finite male a Yanqing, l'oro del gigante che nessuno meritava più di lui. Lo ha fatto il francese Mathieu Faivre, da sempre un valletto al cospetto del principe Alexis Pinturault, azzeccando la prima gara della stagione e, come già un anno fa a Cortina, salendo sul podio mentre il più famoso connazionale lo guardava da sotto. Lo ha fatto anche Luca De Aliprandini. Ci ha creduto, eccome, di poter salire su quel podio. A metà gara era ben messo, molto meglio di Kranjec, che si è preso l'argento, ma la sua rimonta, a differenza di quella dello sloveno, è finita in un mucchio di neve fresca, dalla quale si è rialzato con il viso tutto bianco e la consapevolezza che forse non ci sarà un'altra occasione. Lo aveva detto chiaro alla vigilia: qui contano solo le medaglie, non chi sei quanto hai vinto e quanto hai perso prima. Ripartiamo tutti da zero e servirà solo andare più forte degli altri. Ci ha provato davvero, non era allenatissimo dopo l'infortunio di gennaio, ma non ha trovato scuse. Testa bassa e ripartire, ci saranno ancora tre giganti in coppa del mondo, pensiamo a quelli.

Pensa alle prossime e non può fare altro anche Pietro Sighel, che ha dieci anni in meno di Luca e anziché sciare pattina, in quello sport da cardiopalma che è lo short track. In finale nella gara dei 500 metri aveva tre chance su cinque di salire sul podio e ci ha provato, perché non poteva far altro di fronte ad atleti più esperti. Anche a lui è andata male, è finito a gambe all'aria nei materassi a bordo pista e non ha avuto classifica. Classifica l'hanno avuta invece Dorothea Wierer e Lukas Hofer, nelle gare a inseguimento del biathlon. Lei partiva da terza ed è finita sesta sparando male e faticando a tenere il ritmo delle rivali sugli sci. Lukas invece lo ha tenuto quel ritmo, anzi lo ha fatto, rimontando eroicamente dalla quattordicesima alla quarta piazza. Centrare un favoloso venti su venti al poligono non gli è però bastato, quelli davanti non hanno mollato e quanto speso nei primi giri per farsi sotto è costato caro, alla fine non ne aveva più.

Ci riproverà, è certo.

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