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«Non sono qui per fare carriera»

nostro inviato a Milanello

Lui e Ronaldinho: il nuovo Milan che debutta stasera a Siena è tutto qui. Lui è da intendere come Leonardo, naturalmente, il debuttante sulla panchina che fu di Carlo Ancelotti e che da stasera, a Siena, finisce sulla graticola. Più Ronaldinho che lui, in verità. Come segnala il giovane condottiero dall’eloquio sciolto parlando dalla scrivania del suo nuovo incarico con una frase che spiega tutto, la sua missione e la sua vocazione autentiche: «Non sto pensando a fare carriera. Ho risposto a una chiamata della società di cui mi sento parte. Se non sarò allenatore del Milan in futuro non sono preoccupato, l’importante sono gli obiettivi che abbiamo ora». Lui, Leonardo, se ne sta nelle retrovie, allora, senza nascondersi i rischi dell’incarico accettato, anzi evitando le prime curve, tipo schierarsi sulla polemica Mourinho-Lippi. «Con tutti i problemi che ho da risolvere» la sua chiosa che sa molto di mani lavate nella bacinella anche perché i due fieri contendenti «mi hanno reso felice con gli auguri del portoghese e le frasi del Ct la sera del trofeo Berlusconi», insomma non è il caso di schierarsi.
Lui e Ronaldinho, dunque. Leonardo non ha dubbi, quelli del Milan un po’ meno. «Ha 29 anni, si gioca nella stagione che porta al mondiale. È il suo momento, ora o mai più»: con queste parole lo scorta al crocevia della carriera. «Ho giocato con suo fratello, lo conosco da una vita, parlo la sua stessa lingua. Credo che la mancata convocazione di Dunga possa diventare uno stimolo in più» la convinzione di Leo, in Brasile lo chiamano “saponetta”, qui lo trattano come un vero amico. Lui non si ferma nemmeno dinanzi a Berlusconi e alla passione dichiarata del patron per il Gaucho. «Il presidente è innamorato di Ronaldinho, sa di avere una perla e vuole vederla splendere e io devo farlo rendere al massimo. Oggi Ronaldinho ha fatto un allenamento bellissimo. Se si comporta così in tutte le partite...». E nel frattempo continua a schierarlo lì, da trequartista, dietro le due punte, «perché quello è il suo ruolo ora, poi magari studieremo un altro modulo» promette convinto. Il rapporto col presidente è al sicuro. «Mi ha chiamato anche prima dell’allenamento» riferisce. Buon segno.
Tutti e due, Leo e Ronaldinho, hanno bisogno anche di cancellare in fretta quel mese disastroso del pre-campionato, scandito da schiaffi e figuracce a ripetizione. «Se abbiamo tutti in salute, sarà una buona stagione» la sua promessa che è molto generica, poco impegnativa.
E che vuol dire tutto e niente. «Non voglio dire faremo non faremo, siamo il Milan: dovrebbe bastare» la spiegazione didascalica che porta di corsa alla telefonata di Sacchi («dimenticare i successi del passato per trovare nuovi stimoli» il suggerimento dell’Arrigo) e alla ingombrante sagoma di Ancelotti, «Carlo mi ha lasciato tante cose ma nessuno sostituisce nessuno» esorcizzato l’inevitabile paragone. «Non mi aspettavo quella partenza sbagliata, ma dopo l’ultima prova mi sento più forte, più inserito, ho più informazioni rispetto a un mese fa, mi piace sempre più lavorare con questo gruppo» la conclusione di Leonardo che forse non deve inventare niente di speciale.
Conterà partire bene.

Per lui, Ronaldinho e tutto il Milan.

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