Ci sono lacrime che raccontano storie che i campioni dello sport nascondono sotto una corazza. Non siamo abituati a vederli così, immaginiamo che i loro superpoteri vengano da chissà dove. E poi invece scopriamo che la nocciolina che fa detonare il Superpippo in ognuno di loro è qualcosa che tutti portiamo dentro fin da bambini. È il bambino che c'è in noi che ogni tanto torna a farci visita. E ci fa tornare uomini.
Qualcuno ha detto che i nonni sono coloro che hanno l'argento nei capelli e l'oro nel cuore. Vedere quelle lacrime che scendono dagli occhi che non ti aspetti dà la certezza che il cerchio della vita sia rotondo per tutti. E che essere nonno o nonna sia il punto di arrivo di un'esistenza che lascia un'impronta al grande mistero da affrontare ogni giorno. L'immagine di Mathieu van der Poel che scioglie la corazza della maglia gialla del tour con un pianto per nonno PouPou, è l'ultimo esempio di ciò che vuol dire avere un'eredità da gestire e un cuore pieno d'amore. Il fatto poi che quel nonno sia Raymond Poulidor, ovvero un campione che ti ha trasmesso i geni del ciclista, è solo il corollario di quello che più importa nella vita: «Spero che oggi lui sia orgoglioso di me». È questo il premio che va oltre un trofeo o un simbolo, è il coronamento di una storia personale che prosegue, nella vittoria e nella sconfitta. Qualche tempo fa Totò Schillaci, eroe di un Mondiale di calcio svanito, si commosse in Tv ricordando da dove veniva: «Sono nato in casa, al Cep di Palermo, a 7 mesi, ed ero tra la vita e la morte. C'era molto freddo, era il 1° dicembre e nevicava. L'ostetrica disse ai miei genitori che non sapeva se sarei sopravvissuto. Invece i miei nonni mi riscaldavano con le bottiglie dell'acqua calda e mi facevano mangiare con il cucchiaino. Ed oggi sono qui». È la forza di un amore che va oltre il legame di sangue, per un miracolo della vita che si rinforza ad ogni generazione, trasformando l'anima in un'energia sconosciuta.
Quando succede nello sport, in quel mondo dei nostri supereroi personali, fa ovviamente ancora più impressione. Florenzi che corre a baciare la nonna dopo un gol con la maglia della Roma, Lukaku che piange dopo aver vinto lo scudetto con addosso i volti stampati di chi ha trasformato una giovinezza in povertà in una realtà dorata, il tennista Lorenzo Sonego che celebra un sconfitta in finale dedicandola comunque commosso alla nonna scomparsa da poco.
Lacrime diverse ma uguali, il modo più bello per giocare la partita della vita senza perderla mai. In fondo, si dice che quando tutti ti han detto di no, tu devi chiederlo ai nonni. E qui alla fine sta il punto: sono loro gli unici eroi di cui abbiamo bisogno.
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