È la storia dell'Italia raccontata da due squadre straordinarie a immagine e somiglianza di un Paese che riesce a dare il meglio, che è diverso dal massimo, quando meno te lo aspetti. Come gli azzurri del calcio e della pallacanestro. Nazionali sprofondate nel recente passato. L'esclusione da un Mondiale e una bacheca vuota da tre lustri nel pallone valgono come tre Olimpiadi guardate da casa per il basket: macchie che solo imprese vere possono sbiadire. Il punto più basso della loro storia per due movimenti che hanno avuto paura di non avere futuro. Come spesso è capitato al Paese travolto dai propri vizi, ma anche dagli imprevisti come la pandemia. Con le spalle al muro le due federazioni hanno avuto la forza di scegliere bene puntando su due nomi: Meo Sacchetti e Roberto Mancini. Hanno rifondato puntando su un mix di vecchi collaudati e giovani da crescere in fretta. Missione compiuta in questa estate di notti magiche. Come quella degli azzurri del basket in Serbia, che tornano ai Giochi vincendo in casa dei mostri sacri dopo che avevano preso ispirazione proprio dal travolgente Europeo messo in scena dai Mancio-boys. Non ci sono fenomeni sull'erba o sotto i tabelloni: i fuoriclasse in alcuni casi sono rimasti a casa per scelta (Datome e Belinelli) o per autoesclusione conclamata (il Balotelli che Mancini aveva provato a recuperare a inizio ciclo). Le stelle che non ti aspetti sono oriundi o affini: Jorginho e Mannion. Adesso i cestisti ripassano il testimone ai calciatori. La Sala Nikolic di Belgrado è un tempio al pari di Wembley. C'è un filo che li lega. Invisibile ma non troppo. L'impresa della pallacanestro entra di diritto nella storia dello sport italiano e dice che si può profanare il tempio dei maestri.
È il messaggio dei ragazzi del basket a quelli del calcio, che devono fare ancora due passi. Si parte dalla Spagna, poi potrebbe toccare all'Inghilterra nella sua casa. Sappiamo come si fa. L'Italia le imprese le fa quando meno te lo aspetti, quando sembra in ginocchio e invece te la ritrovi in piedi.
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