Era il 18 novembre del 1999 quando Morten Olsen entrò in una palazzina di Broendby al numero 1 di Allé Vej per firmare il contratto da allenatore della nazionale danese. In quei giorni sulla panchina dell'Italia c'era Dino Zoff e dopo di lui si alternarono Trapattoni, Lippi, Donadoni, Lippi bis e Prandelli. Il 63enne Olsen li ha visti passare tutti senza la sacralità di chi aspetta sulla riva del fiume il lento incedere di un cadavere. In Scandinavia il tredici non è retaggio di eventi più o meno fortunati. Semmai per Olsen sono gli anni che ha totalizzato nelle vesti di allenatore della Danimarca. Non è il record mondiale: quello appartiene al tedesco Sepp Herberger (28 anni), ma è il primato attuale di longevità. Nessuno tra i selezionatori delle 207 nazionali al mondo può vantare un matrimonio così duraturo. «Merito del lavoro che premia sempre - racconta il tecnico che oggi a San Siro sfiderà gli azzurri - o forse costo così poco che conviene alla federazione tenermi ancora a lungo...».
Morten Olsen ci scherza sopra. In realtà lui è un'istituzione che nessuno si sogna lontanamente di mettere in dubbio. Battitore libero vecchia maniera, da calciatore è stato un pilastro dell'Anderlecht, ma è in nazionale che ha fornito il meglio di se, disputando 102 partite (l'ultima a 40 anni suonati) e giocando a fianco di altri interpreti straordinari come Elkjaer, Michael Laudrup e Berggreen. Per lui l'Italia è un piacevole ritorno al passato, ai tempi in cui da giocatore affrontò la squadra di Bearzot per le qualificazioni ai mondiali di Spagna. «Dopo aver perso 2 a 0 a Roma ci prendemmo la nostra rivincita battendo gli azzurri 3 a 1. Fu un pomeriggio indimenticabile, anche se faticammo in difesa a fermare Bettega e Graziani». Sulla gara di stasera è piuttosto realista: «Alla loro tecnica possiamo opporre fisico e corsa. Non è più la Danimarca dei miei tempi, e neppure quella che vinse l'Europeo nel 1992. A San Siro i pericoli saranno soprattutto due: Balotelli e Pirlo. Il primo è strepitoso, forte sotto porta e nei passaggi, può decidere ogni partita. Il problema però sarà contenere Pirlo: se lo lasciamo giocare, per noi sarà difficile».
Tra Olsen e l'Italia resta comunque ancora un biscotto di troppo, quello famigerato con la Svezia agli Europei portoghesi del 2004. E non poteva mancare una domanda sul fattaccio: «Volete sapere la verità? Tra noi e la Svezia c'è sempre stata una forte rivalità: abbiamo fatto di tutto per vincere quella partita. Ma gli svedesi sono stati bravi a segnare il gol del 2-2. In Italia non vi è andata giù? È una questione di mentalità, ma la cosa non mi dà fastidio...
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