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Viaggio nella fabbrica dei numeri del pallone

Opta analizza ogni partita di una miriade di campionati e la "viviseziona"

Viaggio nella fabbrica dei numeri del pallone

Ci si innamora di un viso, di un sorriso, di un paio di labbra o di un paio di gambe. La percezione dell'oggetto viene contagiata dal sentimento, quegli occhi diventano zaffiri, quei capelli filamenti d'oro. Lo stesso, nel calcio: un filtrante, un pallonetto, una sforbiciata. Gesti, anche questi, che fanno innamorare. L'anatomia umana ci svela che quell'iride-zaffiro altro non è che una membrana vascolare pigmentata. Opta, la data company più importante del mondo sportivo, svela che quel tiro è semplicemente un tocco di destro, a girare verso destra, intenzionale, di prima, rasoterra, che ha finito la sua corsa in rete.
Dalla sua nascita nel 1996, Opta ha rivoluzionato il mondo del calcio e della tattica. Presente oggi in undici diverse lingue e svariate nazioni, analizza ogni partita di una miriade di campionati (non solo calcistici) per estrapolarne ogni dettaglio, ogni tassello del mosaico, ogni componente ridotta al minimo termine, al più essenziale elemento del puzzle del gioco. Opta è alla base delle statistiche dei maggiori network sportivi, delle partite su web o app aggiornate in tempo reale, ma lavora anche con squadre, allenatori, arbitri.

Come funziona l'autopsia di una partita? Due tecnici, due schermi. In mezzo una televisione, con comandi per stoppare l'azione, riavvolgere avanti o indietro. Ogni tecnico si dedica a una delle squadre, e sull'interfaccia su cui scorre il match traccia, mouse alla mano, la traiettoria di passaggi, cross, tiri. L'altra mano è quella più importante. Poggiata su una tastiera, digita alla velocità della luce i codici che identificano quale giocatore ha passato il pallone, quale invece l'ha ricevuto, se si è trattato di un passaggio di destro, di sinistro, un tocco involontario, un tiro a giro verso destra o verso sinistra. La possibilità di errore è minima. Ma minimi sono anche gli errori di questi chirurghi della tattica, virtuosi della tastiera. Stenografi del dribbling. Le loro dita viaggiano automatiche a comporre combinazioni alfanumeriche che di volta in volta traducono quella che alcuni interpretano come l'emozione di una vita, una massima rappresentazione estetica (un gol di Bergkamp, un dribbling di Ronaldo) in una linea rossa su un campo di pixel.

Nella parte destra dello speciale programma, al fianco di una finestra con, in trasparenza, i profili del campo in cui la vera e propria partita scorre (e su cui vanno tracciati i passaggi e i tiri), un mosaico di tasti colorati: indicano «passaggio», «cross», «lancio», «rinvio», «respinta di pugno», più di quaranta azioni ulteriormente combinabili tra loro. C'è anche una terza figura, un supervisore che controlla ogni sbavatura. Sì perché i dati elaborati dai tecnici, di secondo in secondo, vengono inviati direttamente a giornali, siti web, squadre - insomma a ogni cliente in tempo reale.

L'impressione che si avverte, guardando i tecnici Opta al lavoro e lasciandosi, lentamente, immergere nell'analisi tattica, ipnotizzare dalle miriadi di punta-clicca-rilascia, è quella di un completo straniamento. Arriva, alla fine, il gol, ma l'emozione è assente, il cervello concentrato sul tracciato dell'assist, del tiro - sarà assist volontario o no? Tiro di destro o di sinistro? Di prima o dopo due tocchi? Mezza altezza o rasoterra?

Il calcio in quanto narrazione scompare, si tramuta in medicina, dissezione anatomica, asettica, autopsistica, robotica. Rimane la geometria, e nulla più. Il pallone senza sentimenti. Ma è davvero possibile? Forse no, forse questo tecnologicissimo dietro le quinte non è vero calcio, è un'altra cosa, nemmeno uno sport. Eppure i dati, sterili, torneranno a prendere vita quando, traslati sulla lavagna di un Mourinho, porteranno a uno schema che sì, ci farà saltare in piedi e urlare e gioire o disperare. Perché il traguardo finale, comunque, è l'emozione.

Da quella non si scappa.

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