Ora Prandelli studia un'Italia alla Zeman

Il ct: "Dovremo osare e dare spettacolo". Cambio di modulo: l'idea è il tridente per ritrovare l'entusiasmo dell'Europeo

Ora Prandelli studia un'Italia alla Zeman

È solo questione di tempo. Qui non c'entra Nicola Arigliano e la sua canzone degli anni Sessanta ma Cesare Prandelli reduce dal 2 a 0 di Modena su Malta finito in un cestino e ridotto quasi a spazzatura. Non certo per il risultato che pure resta prezioso per il girone di qualificazione ma per il contorno e per lo spettacolo calcistico assicurato dall'Italia promettente. «Siamo ancora da lavori in corso» è l'espressione usata dal Ct con l'intento dichiarato di mettere al riparo un po' di volti nuovi entrati nel club azzurro e già sottoposti a censure aspre, stroncature vere e proprie.

L'unico sorriso è quello incarnato dalla piccola sagoma di Lorenzo Insigne, napoletano verace e allievo di Zeman nel frattempo tornato in patria per fare il profeta. Il suo utilizzo, da esterno sinistro, contro un fortino blindato da 8-9 maltesi, è la mossa, diciamo pure l'unica, riuscita nel tentativo di aprirsi qualche varco («se ora ci sono prospettive per il 4-3-3 con Balotelli? Presto per dirlo, ma il suo esordio è stato molto buono, è una situazione interessante», ha sottolineato il ct). Tutti gli altri sono almeno da rivedere a cominciare dal famoso e celebrato Alino, altrimenti detto Diamanti, per finire ai due volanti Cassani e Peluso. Qui forse non è una questione di età ma solo di categorie che nel calcio rappresentano pur sempre un limite. È solo questione di tempo, allora secondo Prandelli. Meno decifrabile l'espressione successiva secondo cui «dovremo osare qualcosa andando in cerca dello spettacolo, non ho molto tempo ma se tutti lo vogliamo possiamo proporre una Nazionale da spettacolo». Qui infatti c'è da chiedersi: che cosa può osare il Ct? Certo, tra un mese, nel viaggio in Armenia (dove la Bulgaria è passata) e poi nell'appuntamento milanese con la Danimarca, potremo contare magari su un Balotelli rifiorito e meno impegnato in serate allegre, magari la condizione del gruppo non sarà così approssimativa ma bisogna inventarsi qualcosa di inedito per togliere questa Nazionale dalle secche dei primi due passaggi e restituirle l'entusiasmo e anche la feroce determinazione segnalate durante l'europeo polacco. Ecco allora il punto decisivo, il nodo da sciogliere.

Come in tutte le stagioni di passaggio tra una esperienza, magari conclusa con un inatteso e confortante risultato (il secondo posto di Kiev) e l'altra (il prossimo mondiale da guadagnarsi tra concorrenti di poco appeal ma di sicuro spessore), c'è sempre il rischio di portarsi dietro gli esponenti storici del precedente ciclo senza riuscire a motivarli, senza ottenere da loro il contributo indispensabile. Marchisio, uno dei migliori a Modena, è una smentita solenne a questo rischio ma il sospetto che qualcosa possa essersi interrotto è consistente. E quando il Ct prova ad anticipare una prova di coraggio da parte dello staff della Nazionale magari si riferisce proprio a questo aspetto. Il vero limite attuale del calcio italiano è rappresentato, in alcuni ruoli chiave, per esempio tra i laterali difensivi, dalla mancanza di alternative valide. Prendiamo Abate e Balzaretti che sono considerati i titolari della cattedra: in circolazione c'è qualcuno che può, a ragione, aspirare a togliere loro il posto? Peluso può restare a Bergamo, Cassani a Firenze senza provocare alcun rimorso.

A chi può rivolgersi Prandelli dopo aver saccheggiato a dovere l'Under 21 nelle settimane passate? E per la formula dell'attacco romanista vale, su tutte le altre, una osservazione: se bisogna arruolare Osvaldo e Destro, perché rendano al meglio, sarà bene utilizzarli come avviene a Trigoria non solo per replicare gli schemi zemaniani ma per aiutarli a sfruttare al meglio le conoscenze nel frattempo collezionate. «Dovremo osare qualcosa» continua a ripetere Prandelli. La risposta può dunque essere trapiantare in azzurro il 4-3-3 zemaniano. Già, ci vuole coraggio. E di tempo, a disposizione, non è che ce ne sia tanto.

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