«Nei prossimi giorni chiuderemo con Zeman: c'é ragionevole ottimismo, mancano solo dettagli, sono da escludere sorprese - dice il dg della Roma Franco Baldini -, grazie anche al presidente del Pescara Sebastiani». A 65 anni Zeman ritorna nella capitale, a quell'età Reja alla Lazio firmò una salvezza brillante e per due volte sfiorò il preliminare di Champions. Il boemo ha un tifoso speciale, il figlio Karel, 35 anni, che ha condotto il Fano Alma Juve a una permanenza molto tranquilla nel girone A di Seconda divisione.
Mister, il presidente Gabellini la chiamò al posto di Baldassari perché non aveva mai dato una chance da titolare ad Andrea Mancini, in prestito dal Manchester City.
«A 19 anni - racconta Zeman junior -, ha offerto alcuni assist, non finalizzati. È un calciatore in pectore, per raggiungere certi livelli occorre tanta fame».
A Coverciano ha preso il patentino di Prima Categoria.
«Con il presidente degli allenatori Renzo Ulivieri ho discusso del calcio scommesse: in Italia c'è la cultura della vittoria a tutti i costi, perciò la mentalità è sbagliata, non si parte da una serena accettazione dell'eventuale sconfitta; se non si vince sul campo, si cerca l'imbroglio».
Pescara è stato il capolavoro di Zdenek?
«In Abruzzo ha guadagnato più posizioni di classifica rispetto alle ambizioni di partenza. Quando vinse la serie B a Foggia, a fine anni '80, i satanelli erano più accreditati».
Sentendola parlare, non ha i silenzi di papà...
«Forse perché sono nato a Palermo».
Con che frequenza sente suo padre?
«Una-due volte la settimana, non ci piace il telefono. Dice che allenerà sino a 80 anni, io vorrei che semplicemente vivesse fino a quell'età».
Nel '96 la Juve vinse la Champions League e poi la coppa Intercontinentale, Zdenek lanciò le prime accuse: «Sospetto lo sviluppo muscolare di Vialli e Del Piero».
«Solo chi è di parte fingeva di non vedere».
L'ha mai visto piangere?
«Solo ultimamente, per emozione. Legata al ricordo di Franco Mancini, non più al suo fianco. Era uno dei famiglia, come portiere del Foggia partecipò al lustro più bello della carriera».
Come si arriva a proporre la miglior fase offensiva al mondo?
«Il segreto è eliminare qualsiasi timore. Quando si ha la palla, il pensiero è solo alla porta avversaria: cade ogni paura di perderla e subire gol, al contrario di colleghi che si preoccupano preventivamente di cosa potrebbe succedere in caso di contropiede. Tra i colleghi apprezza l'olandese Guus Hiddink».
A quale campione è più affezionato?
«Quando parla di Totti gli si illuminano gli occhi, il feeling con il capitano della Roma va oltre il campo».
Delio Rossi allenava solo al mare, escluso Bergamo e Fiorentina.
«Pure papà. Di fronte all'acqua trova l'ispirazione. E come prima clausola chiede proprio una casa con vista.
Guiderà mai la Cechia?
«Ci sono stati solo vari pour parler, di mezzo ci sono sempre troppi procuratori».
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