E venne il giorno della paperissima di Gigio Donnarumma. Che il giovanotto si abitui in fretta a questi eventi. Nella lunga e di sicuro luminosa carriera che è spalancata davanti ai suoi diciotto anni, gliene capiteranno millanta per dirla alla Gianni Brera senza riuscire a scalfire il talento purissimo. Di sicuro lo aiuteranno a migliorare con i piedi che è poi il suo limite tecnico più vistoso, visto che è un mancino naturale e che col destro ci sa fare poco, tranne che salire le scale. Poiché è il calciatore tra i più chiacchierati del momento, l'hanno subito preso di mira sui social tirando fuori la copertina di Topolino che appunto aveva titolato Paperumma disegnando un cartone riferito al giovanissimo portiere del Milan. Nessuno dei suoi, naturalmente l'ha messo sotto processo. Ci mancherebbe. Tante altre volte ha salvato la vita della squadra. Montella è stato il primo ad assolverlo. «Gigio deve stare sereno, io accetto l'errore, ci può stare, gli servirà per il futuro» la semplice chiosa. È stato in qualche modo decisivo l'errore di Donnarumma perché ha tarpato le ali ai suoi dopo appena 11 minuti e perché ha modificato anche l'inerzia della sfida di Pescara. Paletta, pressato da Caprari, non ha fatto altro che girare palla verso il suo portiere, Donnarumma è andato col piede sinistro a 30 cm dall'erba per controllarlo con estrema superficialità, la palla gli ha fatto maramao, è saltata sopra la scarpetta ed è rotolata in rete. Il diciottenne Gigio si è subito rialzato e poi ha detto: «Mi dispiace per il risultato. In occasione del gol ho commesso un errore che, sono sicuro, servirà per la mia crescita. Ho dato il massimo, come sempre». E ancora: «Non è un errore che mi abbatterà. Vado avanti con il sorriso».
Intendiamoci: il mancato successo del Milan non è solo responsabilità del suo portiere che più avanti si è in parte ripreso con una respinta a pugni chiusi. Dopo una reazione rabbiosa confluita nel gol del pareggio a fine primo tempo (scatto portentoso di Deulofeu, contrasto vincente di Bacca su Campagnaro e girata al volo di Pasalic), la squadra di Montella non ha preso possesso del campo e del gioco. Colpa evidente di un centrocampo compassato (sostituiti due dei tre componenti in partenza con Kucka e Locatelli senza beneficio) e di un attacco che ha segnalato la sfiducia del tecnico nei confronti di Bacca. Quest'ultimo, dopo la sostituzione, ha brontolato («Perché? Stavo lavorando») con qualche ragione. In effetti il colombiano non è stato il meno ispirato del trio d'attacco. Anzi con Lapadula avrebbe meglio incarnato il sistema di gioco finale (4-2-4) col quale Montella ha tentato di forzare il blocco abruzzese. Ha soltanto sfiorato il successo con Romagnoli (palo centrato di testa: è il settimo dall'inizio del 2017, una specie di record) e poi con lo stesso Lapadula che si è trovato in area al posto giusto in un paio di occasioni. Una volta Fiorillo, una volta Campagnaro gli hanno tolto la gioia di firmare il ritorno dal suo amato pubblico con un sigillo.
Forse la sosta, forse anche la temperatura pomeridiana, magari l'erba alta dello stadio di Pescara: tutti questi improbabili motivi hanno impedito al Milan di restare attaccato alla zona Europa league. Il pareggio (nelle ultime 4 trasferte) è comunque il segnale di un limite in parte rappresentato dalle tante assenze (Suso, Abate, Bonaventura su tutti) e in parte dal rendimento insufficiente del centrocampo. Sosa è rimasto presto senza fiato, Mati Fernandez idem, Locatelli quando è entrato non ha fornito le geometrie richieste a un costruttore di gioco. E così oltre a sfiorare il gol del 2 a 1 nel finale, il Milan ha rischiato sulle ripartenze del Pescara che Zeman sta rimodellando a sua immagine e somiglianza sulla corsa e sul pressing feroce.
Ancora una volta, com'è capitato già l'anno scorso con Mihajlovic e l'anno prima con Inzaghi, il Milan è finito tra le sabbie mobili della bassa classifica. Invece di allungare su Atalanta e Lazio, avendo davanti il Pescara, ha perso punti.
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